Litost dei Mekigah: l’oscurità che divora ogni forma
Sembro un disco rotto, lo so, ma ogni volta che c’è di mezzo Aesthetic Death non si può che finire sui binari di cieca e comprovata devozione. La sua particolare ricerca musicale va oltre ogni regolare logica di mercato. Già in partenza – ogni “benedetta” volta – avverti come un formicolio intuitivo. Sai già che alcuni aspetti particolari dei tuoi incubi riusciranno prontamente ad emergere, stuzzicati da un’ispirazione che affonda le sue radici nella più inconsolabile delle oscurità. Il terzo disco del progetto australiano Mekigah è la perfetta summa di questa implacabile introduzione: è l’annientamento delle barriere, l’affondo definitivo e totale dell’informità.
Mandate in pensione tutte le vostre sciocche abitudini. Rifuggite dai pensieri fatti di sola e stolta velocità, dal capriccioso “voglio tutto e subito”. Omettete dal vostro cervello la voglia di ottenere un procedimento regolare riguardo alle canzoni. Fate dunque fagotto, legateci un peso adeguato e buttate tutto via alla prima occasione. Solo una volta eseguita tale operazione, Litost riuscirà ad entrare in contatto con voi. E quanto riuscirà a deprimervi, quante forze vi verranno prontamente sottratte… eppure, quanta soddisfazione nel farsi attraversare da questi pazienti e cavernosi impulsi.
Un disco che scrive da sé: l’ispirazione come impulso naturale
Litost è uno di quei lavori abili nel stimolare la mente. Scriverne diventa fatalmente più semplice rispetto al più facile e fotocopiato dei dischi. Le parole ti volano, arrivano da chissà dove, accendendo in primis l’ispirazione, ma anche la voglia di tuffarcisi dentro con masochistica ripetizione. Dev’essere il dono offerto dal porsi ben poche barriere, oppure la non semplice catalogazione alla quale si offrono senza troppi patemi. Aspetto, questo, che potrebbe finire per rovinare i sonni beati dei “precisini” di turno (quelli che sbroccano non appena si esce dall’ordinario).
Un suono che schiavizza. Insondabili profondità si mostrano con il solo obiettivo di intimorire il fortunato malcapitato. Si passa dal dark ambient (particolarmente “assente” e spettrale), al chiuso e asfissiante funeral death doom (la voce esce solo quando è necessario, e in svariate forme). Il progetto Mekigah non si lascia scappare nessun sapore all’interno di Litost: l’unica richiesta di pedaggio è la conformità agli aspetti oscuri e negativi di fondo. E una volta ottenuti, non si butterà via niente.
Con il calderone avviato, comincia il gioco “avulso” di incastri e umori. Nemmeno il tempo di abbandonarsi al “nulla” di Total Cessation of One che The Sole Dwelling parte con l’unica, esclusiva volontà di rapire (il posto di rilascio non verrà assicurato). La nostra testa viene subdolamente martellata a suon di colpi invisibili. Se preso bene, tale accumulo porterà doni insperati (come nel mio caso: per come lo percepisco, Litost non poteva essere altro che top album, mai nessun dubbio a riguardo). Un ottimo esempio sarà l’urlo soffocato ma incisivo di By Force of Breath.
Tra compressioni e presenze: il segmento più visionario dell’album
Nel bel mezzo del cammino s’erge poi Wurrmbu, colonna portante/rituale/tonante, nonché ideale – e illusoria – sforbiciata all’opera. Circuitous Revenge è inquietante grigia compressione che ha il compito di aprire spiragli agli impalpabili e cantilenanti minuti di Mokuy (puro azzeramento, presenze che aleggiano, estrema goduria). I brevi enigmi dark/tribali di An Overbearing Insanity lanciano l’ultimo passaggio intitolato Bir’yun, una chiusura amaramente squillante, ma in linea con il modo di agire che abbiamo imparato a conoscere lungo questa impervia strada.
Senso artistico a volontà, una creatività immobilizzante che diventa punto cruciale e determinerà fasi e sorti dell’individuo. Non so se Litost riuscirà a catturarvi o meno. Di certo lo spero, perché un’esperienza musicale del genere la si finisce sempre per consigliare, o quantomeno per augurare. Assolutamente necessaria la somministrazione globale: se tagliamo l’album, perderemo drasticamente il tutto.
Muovetevi con pazienza. Solo in quel modo vi sarà concesso l’ingresso (o la creazione) dentro un mondo particolare, creato esclusivamente a “cervello spento”.
Summary
Aesthetic Death (2014)
Tracklist:
01. Total Cessation of One
02. The Sole Dwelling
03. Arangutia
04. By Force of Breath
05. Sa Fii al Dracului
06. Wurrmbu
07. Circuitous Revenge
08. Mokuy
09. An Overbearing Insanity
10. Bir’yun