KMFDM – Kunst

Tornano gli alfieri dell’industrial “da balera”, i KMFDM, con il loro ennesimo album in studio: Kunst.

I KMFDM con Kunst ci fanno ritrovare tutte le classiche caratteristiche alternative che da sempre contraddistinguono la band (né più né meno di quanto ci si possa aspettare da un loro disco). Il sound è catchy e d’impatto, con schitarrate allucinogene che si alternano ai beat martellanti tipici della formazione. La componente vocale segue lo schema consueto: da un lato l’aggressività di Sascha Konietzko, dall’altro l’eterea presenza di Lucia Cifarelli.

Devo ammettere che a un primo ascolto Kunst mi aveva lasciato un po’ perplesso: percepivo più aspetti negativi che positivi, l’ho senza dubbio sottovalutato. Ma con il tempo e la costanza, mi sono ricreduto. È un disco valido, un altro buon capitolo da ascoltare e riascoltare, pur sapendo che i veri capolavori della band si trovano altrove. Alle fine una manciata di nuove “micro-hit” da tenere nel cassetto e tirare fuori al momento giusto ci sono.

L’attitudine della band rimane fedele a se stessa: nessuno si aspetta più una svolta radicale, ma va bene così. La coerenza premia, come sempre. Un po’ come accade per le loro iconiche copertine.

Chitarre e beat martellanti: il sound inconfondibile

La produzione è potente e curata, la musica entra in circolo e ti conquista senza resistenza. Le chitarre, introdotte con foga dalla title track (una sorta di attacco ironico all’industria musicale con il celebre slogan “Kill Mother Fucking Depeche Mode”), ruggiscono sopra basi danzerecce costruite con attenzione e mestiere.

I KMFDM risultano compressi e cazzuti al punto giusto. Più si ascolta Kunst, più ci si addentra nei brani e nei loro dettagli. È il caso di Ave Maria (con un riff che omaggia The Beautiful People di Marilyn Manson), Hello (esplosioni alternate a momenti più tranquilli), Pussy Riot e Next Big Thing, un brano così strano da lasciarti a chiedere cos’è, esattamente, che ti piace di lui. E poi arriva I ♥ Not in una nuova versione che tormenta e seduce, al punto che una volta finita sei costretto a riascoltarla subito.

Che si tratti dell’impatto iniziale o delle movenze più atmosferiche, poco importa: alla fine si finisce sempre risucchiati nel solito vortice cyber/casalingo, tra festa e “marciume futurista” che si alternano senza sosta. I KMFDM hanno confezionato un nuovo disco perfetto per i vostri party o per una corsa notturna sotto luci al neon (Animal Out potrebbe facilmente passare per un pezzo Rammstein-addicted in una colonna sonora post-apocalittica).

Se ancora credete in loro, fatelo vostro. Se invece li avete lasciati indietro, potete continuare a vivere nel passato. Che, si sa, male non fa.

In ogni caso, Kunst merita un ascolto: per la solida, costante integrazione tra elettronica e chitarre, un connubio magari facile all’orecchio ma tutt’altro che semplice da costruire. Qualche passaggio meno riuscito c’è (personalmente trovo The Mess You Made un po’ troppo lunga), ma nulla di davvero preoccupante. Il divertimento, quello, è garantito.

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Riassunto

Metropolis Records (2013)

Tracklist:

01. Kunst
02. Ave Maria
03. Quake
04. Hello
05. Next Big Thing
06. Pussy Riot
07. Pseudocide
08. Animal Out
09. The Mess You Made
10. I(heart)Not

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