Kaets – Human Machine: Il loro esordio fonde groove metal e incubi meccanici
Il primo disco dei francesi Kaets (formatisi nel 2009, ma costretti a diversi cambi di line-up) è un muro ricco di groove, pronto a invadere con prepotenza la vostra dimensione. Il titolo Human Machine fornisce già i principali indizi – o quasi – di cui avrete bisogno. Personalità terrestri affascinate da una coabitazione meccanica, aspetti e sensazioni ben espressi dall’invasione ritmica alla quale verremo sottoposti, brano dopo brano, con precisione schiacciante.
Certo, la varietà non è ancora ricercata: siamo ancora a un “primo stadio”, dove il nuovo dispositivo si limita a eseguire l’ordine per cui è stato creato. In questo caso ci troviamo da qualche parte fra death/groove metal e forme quadrate di thrash, distillate con accenti industriali. La provenienza è chiara (un gruppo a cui potremmo accostarli sono proprio i connazionali Dagoba), soprattutto per merito di alcuni spigoli ben disposti e di melodie “unte”, il cui compito non è mai quello di rasserenare. Anzi, la visione è negativa, e se vogliamo, aumenta proprio in quei momenti.
A più riprese mi si è presentata l’immagine – o l’ipotetica forma musicale – di un DNA fuso tra Pantera, Lamb of God e Fear Factory, ripartito con precisione dentro un’unica pozione letale, capace di mostrare solo piccole fiamme di ciascuno.
Human Machine: fluidità sorprendente dentro un corpo metallico
Human Machine scorre bene, stranamente fluido nonostante la forza “ingombrante” che lo possiede dalla prima all’ultima nota. Si percepisce che è stato studiato con l’unico fine di colpire, per poi estinguersi nella maniera più diretta possibile. La produzione rotonda arriva in presa diretta, senza omettere alcuna caratteristica vitale dell’universo Kaets. Ogni canzone arriva come un potente passo meccanico, esegue il proprio solco d’appartenenza e lascia spazio a quella successiva.
Capirete se il disco fa per voi già dopo la prima vera canzone (la title track). Se l’esperienza vi soddisfa, potrete ripeterla pari pari per un po’ di volte. Ed è qui che si collegano le possibili note dolenti, che emergono solo in caso di “scintilla mancata”. Questa – definiamola così – variante renderà Human Machine un peso difficile da smaltire, moltiplicato in peggio a seconda della vostra resistenza. Ma siamo nel 2015, e i potenti mezzi di internet possono allertarvi, evitando che ciò accada.
Ne escono quaranta minuti scarsi, eruttati con fermezza e fedeli a direttive ampiamente programmate. La voce è ruvida, modulata, scorbutica e sofferente, ben decisa a non fallire la sua missione: non scendere a patti con nessuno. Human Machine si muove bene sia allo “start” (Human Machine, Full Destruction of Time, e la serpeggiante Over That Game sono ottimi biglietti da visita), sia alla fine, a discapito dell’effetto sorpresa ormai svanito.
Melodia, potenza e respiro
Lies – messa forse non a caso al centro del disco – risulterà una delle migliori, se non la migliore (una calamita). Con The Last Dance si tira un po’ il fiato, ma senza snaturare il credo Kaets, mentre allo sfogo figurato ci penserà Fucking Rain. My Creation trabocca groove dopo un bellissimo inizio, e l’ultima The Trial chiude disperdendo massicce dosi di carica e melodia.
O nero, o bianco: non ci sarà una via di mezzo per ascoltare l’esordio firmato Kaets. Se volete riempire il vostro sempre più cibernetico cervello, troverete ritmiche adeguate per farlo. L’assuefazione è garantita, le possibilità di fuga prontamente azzerate. Perché in qualche subdolo modo Human Machine arriverà a dominarvi. Qui risiede il suo pregio: un fattore che travalica le leggi indissolubili del songwriting.
Incubi e deliri a braccetto dentro un organismo che non sa più distinguere le percentuali della sua essenza.
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Summary
Klonosphere Records (2015)
Tracklist:
01. Log In
02. Human Machine
03. Full Destruction of Time
04. Over That Game
05. Lies
06. The Last Dance
07. Fucking Rain
08. My creation
09. Death
10. The trial


