Epitimia – Faces Of Insanity

Faces of Insanity: Viaggio nell’oscurità malinconica degli Epitimia

È perfetta l’opener strumentale Reminiscentia per fare due conti con qualche pensiero. In questo caso, per un mea culpa interiore: non aver conosciuto prima questa valida entità russa dal nome Epitimia. I nostri sono in giro dal 2008 (primo disco nel 2009) e arrivano con Faces of Insanity alla terza fatica su lunga distanza, supportati dalla sempre attenta agli “spostamenti sotterranei” Hypnotic Dirge Records. Un terzo capitolo che cattura e abbraccia, mostrando potenzialità evidenti già durante un primo ascolto, anche se “frugale”.

Il black metal degli Epitimia è fortemente malinconico, e ancor più fortemente ancorato alla sua posizione geografica. Eppure, nonostante tutto, appare “moderno” grazie al taglio rock sommessamente implementato (potranno ricordarvi i Lifelover, ma senza apparire loro copie sputate, ascoltate Epikrisis III: Megalomania per credere). Squarci depressivi si sposano con altri tendenti al marcio/evanescente, ma gli Epitimia fanno anche un gran uso di melodia. Le chitarre sussurrano dolci e succulenti echi vitali (grandioso l’accostamento con la voce femminile su Epikrisis I: Altered State of Consciousness), note capaci di cingere prima di incidere, spazi riempiti con una facilità d’azione quasi stucchevole.

Faces of Insanity: semplicità apparente e un impatto profondo

Ogni nuovo ascolto di Faces of Insanity gioca al “rinforzo”: ad ogni giro, il disco piace inevitabilmente sempre più (questa almeno l’operazione in corso nel mio organismo). Anche ciò che sembrava inizialmente più debole acquista nel tempo valore maggiore. Semplice e pura, sfondata bellezza. Gli Epitimia intendono emozionare, dilatare la situazione sino ai margini. Lo fanno suonando semplici e basilari, per poi rispondersi da soli in maniera cieca e ferale (per la serie: “quando lo sforzo richiesto sta tutto nel songwriting e non nella tecnica”).

Più ci si addentra nel disco, più la parola “trasporto” diventa fondamentale. Mi vengono in mente Epikrisis IV: Jamais Vu (melodie con sopra stampato “Russia” a ferro e fuoco), Epikrisis V: Rorschach Inkblot (chitarre deliziose, superlative nella loro evoluzione), alla fine proprio la mia preferita, quella che ti apre le porte ai “segreti dell’album”, o Epikrisis VI: Leucotomy, capace d’inchiodarti in scia di quel suo spirito onirico. Quando giunge la lunga (nove minuti) DS: Schizophrenia, saremo già levigati e forgiati per bene. Vittime designate del loro perenne scavare, che ci porta su strane parabole da déjà-vu istantanei.

Il problema che molti potranno avere sarà familiarizzare con una voce ancora molto ancorata a modi underground: lugubre, poco confidenziale e chiusa in se stessa. Riesce però nell’intento di gettare sulla musica un determinato velo oscuro, messo a disagio solo dalle molteplici aperture “arieggianti” sparse. Penso sia questo il bello di produzioni simili. Riuscire a trovare l’elemento caratterizzante capace di conferire personalità all’opera. Da questo punto di vista, la voce – nella sua imperfezione – riesce nell’intento. Resta comunque il fatto (ne sono sicuro) che molti la troveranno stancante e parte debole dell’insieme.

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    - 72%
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Summary

Hypnotic Dirge Records (2012)

Tracklist:

01. Reminiscentia
02. Epikrisis I: Altered State of Consciousness
03. Epikrisis II: Intrusive Thoughts
04. Epikrisis III: Megalomania
05. Epikrisis IV: Jamais Vu
06. Epikrisis V: Rorschach Inkblot
07. Epikrisis VI: Leucotomy
08. DS: Shizophrenia
09. Lethe

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