Doomraiser – Reverse (Passaggio Inverso): un rituale oscuro e concreto
Poco ma sicuro: Doomraiser vuol dire affidabilità.
Possiamo dire quello che vogliamo su quanto più o meno ci piacciano. Di certo non potremo fare commenti sull’eventuale “scarsa passione” che potrebbe animarli alla base.
Sempre acidi e visceralmente doom, i loro cerimoniali arrivano oggi a quota quattro. Parte il 2015 ed ecco giungere sul nostro polveroso tracciato Reverse (Passaggio Inverso). Il disco rappresenta per l’appunto una sorta di “passo avanti” (ma solo se la vediamo nella loro occulta e ristretta dimensione) nell’erigere muri sonori ben più pesanti rispetto a quanto ci avevano abituato in passato. Meno anni Settanta e più anni Ottanta, verrebbe da definirlo così, se non fosse che alcune loro tipiche caratteristiche continuano saldamente a sussistere (è pur sempre un DNA nato morto, e che lì vuole restare).
È come se i Doomraiser avessero deciso di dopare a dovere il loro sound. Una mossa fatta per attingere a piene mani da un male diciamo più reale, con meno immaginazione e più concretezza di fondo.
Resta tuttavia difficile fare raffronti con quanto fatto prima, perché Erasing the Remembrance e Mountains of Madness vagavano su loro stessi in ben altra maniera. Cercare di compararli con il nuovo pargolo potrebbe generare solamente assurde incomprensioni. Sono sempre loro, ma è come se fossimo giunti a un importante crocevia: questo è bene tenerlo a mente prima di lanciarsi in frettolosi paragoni o ardimentose valutazioni.
Reverse tra riff liturgici, varietà vocale e suggestioni ottantiane
Logico che un occhio vigile sul passato debba, giocoforza, rimanere, ma io voglio vedere Reverse (Passaggio Inverso) più come un nuovo inizio che altro. A partire dall’imponente prestazione vocale di Nicola “Cynar” Rossi, capace di passare attraverso mutazioni non indifferenti anche all’interno di un’unica canzone. Vi basti, in tal senso, l’opener Addiction: interpretazione, pulizia/sporcizia, profondità in un tutt’uno.
C’è poi un evasivo rullante a scandire il ritmo sopra riff liturgici di efferata bellezza (anche se pensi ai soliti Cathedral, Black Sabbath, Candlemass e Pentagram, una propria fisionomia l’album arriva in ogni caso ad acquistarla), abili nell’attirare il necessario magnetismo. Sei brani, quasi un’ora di musica, ma arrivi ad avvertirla solo di striscio. Ciò vuol semplicemente dire che il disco ha centrato l’obiettivo. Il tutto, prima di lanciarsi su un finale dalle tinte leggermente più progressive.
Le canzoni dispiegano subito la loro forza. Il tempo per comprenderle meglio ci sarà senz’altro e con la volontà si può sempre fare di tutto. L’importante era colpire diretti, quasi fulminei (pur sempre nelle giuste tempistiche). Direi che i Doomraiser ci sono riusciti senza apparire nemmeno così scontati come in tanti potrebbero inizialmente pensare (prestare attenzione ad alcuni trucchetti sonori messi sotto: delle piccole preziosità volutamente nascoste).
È ridondante e voluminoso Reverse (Passaggio Inverso), un disco che lancia ancora una volta i Doomraiser nella galassia del doom che conta.
Pezzi preferiti: Addiction, la pachidermica Ascension: 6 to 7 e Dio Inverso (Reverse).
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72%
Summary
BloodRock Records (2015)
Tracklist:
01. Addiction
02. Mirror of Pain
03. Ascension: 6 to 7
04. Apophis
05. In Winter
06. Dio Inverso (Reverse)