Conan – Revengeance

L’idea di ascoltare Revengeance, il nuovo album degli inglesi Conan era elettrizzante, un impulso acceso da un ricordo ancora recente, carnale, vivo. Una necessità quasi fisica. Abbattere altre due mura, restando al sicuro tra quelle della propria dimora. Il desiderio di far uscire il suono attraverso ogni fessura concessa, per poi sentirlo tornare indietro ancora più feroce e slabbrato di prima.

Rispetto al prodigioso Blood Eagle, i Conan perdono qualcosa in termini di pura pesantezza, ma guadagnano punti sul versante più velenoso della questione. Revengeance riesce così nell’ingrato compito di fissare un nuovo paletto importante, capace di proseguire il verbo del loro roccioso marchio di fabbrica, guardando però in avanti, verso nuove strade, sempre con la pesantezza come unico denominatore comune.

In questo nuovo giro ci viene concessa persino qualche “scappatoia”, qualche spiraglio da cui filtra un’aria diversa. Lo spazio si apre, ma resta comunque fottutamente chiuso. Parliamo di un cambiamento percepibile, ma ancora troppo timido per dettare legge. Eppure, la marcia corrosione è ancora lì, salda sul trono, nonostante tutto.

I Conan fanno partire Revengeance in modo quasi ingannevole con la dirompente Throne of Fire, un brano spiazzante per la rapidità d’intenti e la materia nociva sprigionata nell’aria: abrasivo, marcio, trascinante. Una vampata iniziale che non troverà repliche, ma che serve ad aprire le porte all’inferno lavico che seguirà.

Thunderhoof affonda le mani nelle viscere e le intinge nella polvere, attraverso colpi giudiziosi, pesanti, chirurgici. L’antipasto perfetto per l’implacabile giudizio di Wrath Gauntlet, un brano denso, volutamente impastato, capace di lasciare segni profondi sulla pelle, proprio come farà la title track, con le sue secche ma studiate accelerazioni: un vortice pronto a risucchiarci.

Every Man Is an Enemy non concede appello, è colla spalmata addosso, che attacca e non si stacca. Si chiude poi con Earthenguard, una corrente di perdizione caliginosa che rappresenta il finale ideale per un disco tanto compatto quanto determinato nelle sue intenzioni.

Questa è materia che marcisce nello stomaco. Un peso clamoroso da accettare senza riserve, perché non esiste altro modo di vivere la musica targata Conan. E Revengeance non fa eccezione. Sludge stoner-doom velenoso e schiacciante, urlato con il coltello stretto fra i denti. In cuor suo ha un solo obiettivo: la vostra testa. Un altro, definitivo trofeo da apporre nella loro personale e già ben nutrita bacheca.

Secondo “hot noise” consecutivo per loro, anche se Blood Eagle, a mio parere, conserva ancora qualche punto di vantaggio. Ma in fondo, sono solo sottigliezze da notare sul campo di battaglia.

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Riassunto

Napalm Records (2016)

Tracklist:

01. Throne of Fire
02. Thunderhoof
03. Wrath Gauntlet
04. Revengeance
05. Every Man Is an Enemy
06. Earthenguard

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