Black Wings Of Destiny – The Storyteller Part One

Tra rabbia e melodia: il debutto dei Black Wings Of Destiny è una vera tempesta

Tutto è disposto per graffiare su The Storyteller Part One: virtù esagerate, ostinatamente abrasive, suonate con adrenalina da lacerazione e decisione da un team chiamato Black Wings Of Destiny che sembra aver trovato la “magica intesa”. Reattivi nello scattare, nel “darci dentro” al meglio, sfruttano ogni singolo elemento pulsante con diverse bocche pronte a sparare il loro singolare fuoco.

Il sound della chitarra esce dritto, con chiari intenti di dominio: secco come una pallottola sparata da pochi metri, ma “sporca” e dal gusto particolare, come se fosse già stata utilizzata almeno in un’altra occasione. Proprio per questo ancora più affascinante. I Black Wings Of Destiny sanno guardarsi attorno, ma sono talmente immersi in ciò che suonano da riuscire nell’impresa di farci soprassedere su influenze, descrizioni e paragoni. Tagliando corto: quando ascolti The Storyteller Part One pensi solo a The Storyteller Part One. E questo, al momento, è il miglior traguardo che potevano regalarci nel loro disco d’esordio (nonostante le passate esperienze con Sickhead e Concrete Block).

Un impatto sonoro senza esitazioni: sporco, diretto, trascinante

La loro sfera sonora acquisisce particolarità e influenze da diversi ambiti – rock, stoner, sludge, southern metal – ma l’onda contundente che ci colpisce non conosce esitazione. Citando le note promozionali – con le quali mi trovo pienamente d’accordo – “loro suonano tutto quello che non sia pulito”. Unico comune denominatore, introdotto alla grande dalla cavalcata Jane The Widow. I primi minuti della mezz’ora complessiva sono pura chiarezza, la botta che ci lascia contusi e rapiti. Ancora graffi su quelle linee vocali roche e smorzate, pronte a “ballare” grintose e ricolme di sdegno.

La seconda traccia, No One, si appoggia mirabilmente alla opener. Un cannone esplosivo da seconda battuta, perfetto per indirizzare i fruitori sulla giusta strada. Oblivion è piena di spigoli, echi e inquietudine che fanno spallate per farsi largo, prima di lasciare spazio al “twist” di Speed (impossibile fermarsi) e alla decisione di Dillinger. C’è ancora tempo per la rabbia rancido/melodica di My Evil Self (refrain che è sinonimo di “semplicità che acchiappa”) e per Hannibal, brano che ha il compito di far calare battiti e sipario.

Un disco dall’incredibile forza trainante, quello composto dai Black Wings Of Destiny. Un rullo compressore che compatta senza pietà. Dimenticate le rifiniture a casa e lasciatevi rapire da questo bollore diretto, a modo suo “ingombrante”, ma anche così schietto da far subito impallidire. I pensieri volano, e ci si concentra decisi sulle canzoni e sulla loro perenne forza propulsiva. Le code dei vari brani sono materiale da maneggiare con cura, roba altamente infiammabile.

Bella, infine, la copertina (inizialmente forse un po’ spiazzante). Quel mare in tempesta è il ritratto ideale di ciò che potrebbe comportare l’impatto con la loro musica.

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Summary

Far from My Eye Records (2014)

Tracklist:

01.Jane The Widow
02.No One
03.Oblivion
04.Speed
05.Dillinger
06.My Evil Self
07.Hannibal

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