Antimatter – Fear Of A Unique Identity

Ed eccolo, ancora una volta, fare ritorno, puntuale e sempre atteso Mick Moss con i suoi Antimatter. Il Re Mida del rock malinconico d’autore: vibrante, intenso, intriso di tristezza e animato da un costante impulso alla sperimentazione.

Il quinto album della creatura Antimatter è l’ennesima conferma di un talento straordinario, di una ricerca ossessiva della perfezione, solo raramente incrinata da qualche lieve, timida battuta a vuoto. Inutile girarci intorno. Fear of a Unique Identity va comprato, va ascoltato, perché musica così intensamente malinconica oggi se ne sente sempre troppo poca. È una di quelle opere capaci di far volare il tempo tiranno e di restare, incisa nella memoria con una forza fuori dal comune.

I primi ascolti sembrano incoronare la prima metà del disco come la più riuscita, ma i successivi rivelano la qualità diffusa in ogni singolo brano, fino a rendere Fear of a Unique Identity uno dei vertici della discografia degli Antimatter. Non lasciatevi ingannare da un ascolto iniziale tiepido. Questo è un disco che va compreso, meditato, riascoltato. Io stesso posso raccontare la mia esperienza con Uniformed & Black: al primo ascolto mi aveva deluso, ma col tempo si è trasformata in una vera e propria ossessione, in un crescendo inarrestabile. Solo con l’ascolto ciclico si coglie appieno la vanità profonda su cui poggia tutto l’album, la bellezza dei momenti più riflessivi – che, guarda caso, si intensificano proprio nella seconda metà del disco – momenti che impreziosiscono un’opera già di per sé magistrale, inaugurata da cinque brani in costante tensione tra loro fino al fotofinish.

La produzione dà vita a ogni strumento. Chitarre, basso, batteria, tutto vibra, tutto risalta, a prescindere dal valore del singolo brano. E poi c’è la voce di Mick, che divora ogni cosa: narratore e cantore di un’inevitabilità sussurrata e “in your face”, senza mai girarci troppo attorno. Il suo stile è inconfondibile.

Impossibile non lasciarsi trasportare da Paranova, un brano che urla con chiarezza: “Gli Antimatter sono tornati e hanno ancora molto da dire”. La perfezione prosegue con Monochrome, dove fanno il loro ritorno i classici controcanti femminili (qui interpretati da Vic Anselmo) per un risultato semplicemente celestiale. La title track, fredda e ipnotica, culla l’ascoltatore con un trademark ormai consolidato fin dai tempi del lontano Saviour. Con i suoi otto minuti, Firewalking è il brano più lungo del disco. All’inizio inquieta, quasi ti tiene a distanza, ma poi ti conquista con una coda onirica e fluttuante.

Here Come the Men è Antimatter al 100%. A Mick basta un arpeggio appena accennato per costruire una canzone che si imprime dentro, come già tante altre prima di lei. Per me è poesia pura, e spero possa esserlo anche per voi. Il finale è un susseguirsi di gemme. Da Wide Awake in the Concrete Asylum (quanta eleganza, senza mai cedere alla semplicità) a The Parade (quasi interamente strumentale, ma tutt’altro che trascurabile), e poi la conclusiva A Place in the Sun, una cupa nenia che si spegne lentamente, lasciandoci infine nel silenzio.

Se già conoscete gli Antimatter, sapete bene che l’indugio è bandito. Se invece non li avete mai ascoltati, Fear of a Unique Identity è l’occasione perfetta per iniziare un viaggio musicale diverso dal solito.

  • 75%
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Riassunto

Prophecy Productions (2012)

Tracklist:

01. Paranova
02. Monochrome
03. Fear Of A Unique Identity
04. Firewalking
05. Here Come The Men
06. Uniformed & Black
07. Wide Awake In The Concrete Asylum
08. The Parade
09. A Place In The Sun

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