Abigor e i quaranta minuti di oscurità moderna di Time Is the Sulphur in the Veins of the Saint – An Excursion on Satan’s Fragmenting Principle
I “nuovi” Abigor arrivavano al secondo disco dopo un Fractal Possession capace di stupire e sconvolgere. È sempre stato difficile capire la loro musica e le loro dissonanze: da sempre la loro arte è tutto fuorché convenzionale. Così, dopo gli anni di buio, Fractal Possession finiva per rappresentare un nuovo inizio, la rappresentazione di un mondo ancora più freddo.
Ma anche in questa nuova veste gli Abigor riuscivano a distinguersi, mantenendo un certo marchio oltre il velo delle sperimentazioni. Al contempo però suonano come un nuovo gruppo, baciato da una rinnovata fonte d’ispirazione. La loro genialità sta proprio qui: nel riuscire a centrare il rinnovamento, tenendo ben salda l’impronta che li aveva contraddistinti.
Qui ci allacciamo al discorso su Time Is the Sulphur in the Veins of the Saint – An Excursion on Satan’s Fragmenting Principle. Sarà più semplice l’avvicinamento per chi ha compreso a menadito il precedente album, ma sarà altrettanto facile starne alla larga se quello – a conti fatti – non aveva granché stupito.
Un disco diviso in due monumenti sonori
Questa volta gli Abigor fanno una scelta inusuale, spaccando il disco in due pezzi. Due canzoni di venti minuti ciascuna. Due opere “tecnologiche”, sapienti come solo il dizionario della band austriaca sa insegnare.
Sin dal primo ascolto mi è balzato in mente un paragone con il medievale Orkblut – The Retaliation (anno di grazia 1995). Solo che questa volta i brani, anziché essere spezzettati in piccole parti, sono rinchiusi in due opere massicce. È come se il gruppo avesse voluto suddividere in diversi movimenti Part I e Part II. I loro tipici riff si alternano fra momenti industriali/ambient e brutali/occulti, e più di una volta riescono a fare centro con piena e strabordante convinzione. Stessa cosa si può dire per la prestazione vocale, atta a dimostrare un senso di potenza gloriosa in tutte le sue manifestazioni, muovendosi con sapienza su improbabili registri. Violenza ma anche una certa epicità rituale. Questo è ciò che riusciremo ad ottenere. Potrei dire che gli Abigor sono cambiati maggiormente sotto l’aspetto vocale che sotto quello musicale, ma sembrerebbe quasi un’eresia.
Data la sua particolarità, Time Is the Sulphur in the Veins of the Saint – An Excursion on Satan’s Fragmenting Principle mi ha ricordato due dischi su tutti, sebbene con i dovuti distinguo. Uno è Grand Declaration of War dei Mayhem, l’altro è Themes From William Blake’s The Marriage of Heaven and Hell degli Ulver. Saranno quei momenti schizzati del primo o quelli recitati del secondo, ma resta il fatto che, proprio come loro, anche la nuova fatica degli Abigor si attesta su livelli particolari e chiaramente unici.
Sagace intreccio di ispirazioni e visioni
Prendetelo come un’unica intensa canzone di quaranta minuti e lasciatevi trascinare nei suoi luoghi oscuri, dannati, ma allo stesso tempo stranamente attuali (se prima gli Abigor evocavano antichità, ora sono diventati simbolo di “modernismo”). Aggiungete poi un pizzico di pazienza in più per dar tempo al cervello di metabolizzare la moltitudine di idee (un’intera fonte, per quanto mi riguarda) messa sagacemente in pratica.
Non mi ha stupito vedere quanto il disco abbia spaccato critica e ascoltatori vari. Il risultato è talmente freddo che rischia di non trasmettere infine assolutamente nulla (orecchie per chi sa intendere, insomma). Questa volta voglio fare il “fan boy” i turno e mettere un voto esagerato, che molti certamente non comprenderanno affatto. Se il monicker Abigor per voi non è troppo importante toglietene pure in abbondanza.
SATURN ESCHATON!
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Summary
End All Life Productions (2010)
Tracklist:
01. Part I
02. Part II


