Lycus – Tempest

Tempest è il disco d’esordio degli americani Lycus. La band si propone sin da subito come un’interessante alternativa, con idee chiare e alcuni lampi piuttosto inusuali per il funeral doom. La loro è una claustrofobia regolata, mai eccessiva, accompagnata da qualche accelerazione inaspettata. Inoltre, impossibile non notare la bellezza di una copertina che è – e sarà – una vera dannazione per gli occhi.

Gli abitué della lentezza non dovrebbero incontrare particolari difficoltà d’approccio. I tre pezzi scorrono con naturalezza, e i primi due – visti con certi standard – risultano addirittura “brevi”, assestandosi rispettivamente sugli undici e nove minuti. La title track, posta in chiusura, raggiunge invece i più “canonici” e rispettabili venti minuti.

A colpire subito è la produzione: “laccata”, penetrante, pulita, senza nulla da nascondere. Ai Lycus piace essere chiari e profondi (e quanto vibra il basso!) già dal primo impatto. Tempest si rivela così uno di quei dischi capaci di prendere per mano l’ascoltatore e trascinarlo verso i più completi e insidiosi recessi della mente.

È un album atipico, quasi riluttante a lasciarsi incasellare. Continuo ad ascoltarlo con curiosità. Riesce ad afferrare l’attenzione fin da subito, ma lascia sempre in sospeso qualcosa di incompreso, come strane e amorfe presenze che si aggirano nell’ombra. A tratti diventa persino indefinibile. Se esistesse – o potessimo immaginare – un disco funeral doom adatto alla luce del giorno, Tempest sarebbe il candidato ideale. Non così scuro, non apertamente negativo, eppure ineluttabile e cupo, opprimente come un incubo a occhi aperti sotto il sole.

Non troverete momenti semplici, ma nemmeno complicazioni eccessive: tutto resta sospeso in un limbo, particolarmente apprezzabile perché, pur sfoggiando melodia, non cede mai alla tentazione del “catchy”. Lo stesso vale per la componente estrema. Questa non cerca di impressionare con esagerazioni o derive di nicchia, ma punta piuttosto al controllo, a un bilanciamento che diventa presto il fulcro dell’intero ascolto.

Se state cercando un capolavoro, siete probabilmente fuori strada (sarei comunque felice se riuscisse a darvi così tanto). Se invece inseguite una variazione sul tema, musica in grado di non deludere e al contempo capace di svolgere il suo sporco lavoro, allora il mondo dei Lycus potrebbe davvero fare al caso vostro.

Come un cimitero di giorno, come il sole che sbatte controvoglia sopra una tomba.

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Summary

20 Buck Spin (2013)

Tracklist:

01. Coma Burn
02. Engravings
03. Tempest

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