Dopo aver consumato e trattato Sathimasal nella maniera più consona possibile, eccomi di nuovo a scrutare con la lente d’ingrandimento Nihaihayat. Nuova fatica della creatura turca Yayla.
Con Nihaihayat il monicker Yayla si presenta con una copertina affascinante, che unisce sacralità e mistero: orizzonti ben delineati che non lasciano spazio a grossi respiri. Da questo punto di vista, la proposta non cambia molto rispetto al passato: il soffocamento resta una delle basi portanti dell’opera, e questo – almeno per me – è un elemento confortante. Allo stesso tempo, però, si percepisce la volontà di rimescolare un po’ le carte. Perché Nihaihayat ha un effetto più “monolitico”, più ostico da affrontare e digerire. Questo ne rende anche più complessa la comprensione. Per chi ha bisogno di etichette, si potrebbe parlare di una sorta di black/doom in cui tutto può significare il contrario di tutto.
Ormai è chiaro come Emil Togrul ami dilatare la propria musica con ampie porzioni strumentali – straordinaria, da questo punto di vista, l’opener Integumental Grasp – e anche qui non si fa eccezione. Questa volta, però, la materia appare ancora più scandita. Come se il fine ultimo fosse quello di ottenere una costante marcia funebre. Tolte la prima e l’ultima traccia, restano tre brani lunghi, cacofonici, con un sound che sembra fatto apposta per disturbare: le chitarre, scarabocchiate e inquietanti, non facilitano certo l’ascolto.
A sorprendere è la continua creatività di un artista che, tassello dopo tassello, sta costruendo una discografia di assoluto rilievo. Ovviamente il target resta quello di chi sa come e dove cercare musica di qualità – mi/vi immagino come sciacalli pronti a tutto per un attimo di “gloria” – purtroppo (o per fortuna) ben nascosta ai grandi riflettori.
Compressione e caos: una musica che respinge per poi abbracciare
Molti potrebbero cedere o piegarsi alla distanza. Nascosti sotto i possenti colpi di chitarre che esaltano a dovere la parola “compressione”. Da questo punto di vista, il nuovo disco risulta senz’altro meno immediato, ma è proprio qui che risiede il suo valore: Nihaihayat è un anestetico puro, sparato addosso per vie non convenzionali. Ti blocca lì, fermo, fino a che l’ultima nota non è esalata, e ti lascia – silenziosamente – a domandarti quanto davvero valga. La risposta, come al solito, è dentro di noi: saremo in grado di cogliere il messaggio, così ritualistico e particolare? Di certo, non serve a nulla fermarsi titubanti dopo un primo ascolto fugace. Questa è musica che, più gira e si diffonde, più si lascia comprendere. E le cose che inizialmente apparivano brutte, o almeno fastidiose, diventano magicamente speciali, cariche di una forza espressiva fuori dal comune.
La musica firmata Yayla divide ancora una volta i suoi meriti tra creazione e produzione. Nihaihayat non fa di certo eccezione. La linea che separa le due componenti è sottile, quasi impercettibile. Ed è davvero difficile capire cosa sia a restare di più, cosa ci stia catturando in un dato momento, dove si annidi il merito maggiore di riuscire (se il responso è positivo, ovviamente) a saziarci in questo modo.
Alla fine mi tocca posizionarlo a qualche punto di distanza da Sathimasal. Album che continuo a considerare – seppur di poco – superiore. Ma resta comunque musica che merita, sempre e comunque, di essere valorizzata. E chissà, magari un giorno lontano vedremo questo progetto come un “oggetto di culto”, con ristampe e riconoscimenti postumi a sancirne il valore discografico.
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72%
Riassunto
Merdumgiriz (2013)
Tracklist:
01.Integumental Grasp
02.Through The Sigil Of Hate
03.Immortalizing The Nine
04.Disguises Of Evil
05.In Senility