Wolfshade – Trouble

La cadenza, ragazzi. La cadenza è fondamentale, e Kadhaas, con i suoi Wolfshade, ne è pienamente padrone, conducendo la sua oscura creatura con mano sicura.

Spostiamo ora lo sguardo su Trouble, un disco che, a suo tempo, attesi con trepidazione, ancora inebriato da quello che considero un piccolo capolavoro: Evening Star. Superarlo o anche solo eguagliarlo non era impresa facile, ma il monicker Wolfshade ci è andato vicino, mantenendo intatta la proposta senza ricadere in un’autoreplica sbiadita.

Quattro brani – quattro titoli, come tappe esistenziali inevitabili – per un viaggio che, volenti o nolenti, ciascuno di noi si troverà ad affrontare. Quattro poesie senza luce, a cui si aggiunge, in chiusura, la bonus track À l’Aube Du Temps, inserita con cura quasi rituale.

I Wolfshade fanno arte, pura e senza compromessi. E ne sono sempre più convinto. Per molti potranno sembrare l’ennesimo gruppo “mezzo depressive e blablabla”, da archiviare dopo un ascolto distratto, ma distinguere ciò che vale da ciò che è effimero è privilegio di pochi. La loro musica va oltre il genere, o almeno oltre i suoi cliché più inflazionati. I loro mid-tempo sono avvolgenti ma anche tiepidi, sì, tiepidi, e forse proprio lì sta il segreto della loro cifra stilistica.

Non trasmettono un umore univoco, non sono estremi né sopra le righe: mantengono un equilibrio, un controllo costante. Eppure, in quell’equilibrio, si insinua un senso profondo di smarrimento e distanza. È tra questi chiaroscuri che si muove la loro essenza incantatrice.

I brani si distendono, si sciolgono lenti, spesso superando i dieci minuti. L’Être, che apre l’album, è forse il manifesto di questo approccio: le chitarre si intrecciano come in un incantesimo, scolpendo malinconie di rara intensità. Il cantato evita i cliché del genere, andando oltre il semplice rantolo di contorno: è sentito, interpretato, credibile.

I riff di La Mort sono, a mio avviso, i più riflessivi dell’intero disco e assolutamente avvolgenti. E qui va detto: la produzione di Trouble è nettamente migliorata rispetto al full-length precedente. Kadhaas non nasconde nulla, le chitarre emergono potenti, senza suonare zanzarose o sfocate. Anzi, diciamolo pure: non sono affatto “classiche”, come magari ci si aspetterebbe.

Trouble: un ascolto lento, profondo e coraggioso

Questo disco non è pensato per chi si annoia facilmente, o per chi ascolta musica tanto per riempire il silenzio. Trouble è per chi regge la distanza, per gli “scalatori” dell’ascolto, per chi sa abbandonarsi ai ritmi lenti e tetri lasciando che le emozioni maturino con il tempo.

Sarebbe facile liquidarlo con l’accusa di noia. Ma sbaglierebbe chi non gli concedesse il tempo necessario. Trouble è un unico blocco sonoro, un abbraccio cupo e confortante che sfiora l’ora di durata. E per affrontarlo a dovere – nel pieno delle nostre facoltà – bisogna trovarsi nel giusto stato mentale. Solo così si possono abbattere le difese di un album tanto inusuale.

Passando per l’essere, la passione, l’isolamento e la morte, giungeremo infine al nulla. Il nostro destino è già scritto, e non ci resta che attenderlo accompagnati da una colonna sonora adeguata. Trouble è una di quelle, sebbene la parola capolavoro non possa essergli attribuita.

Ma i Wolfshade restano un nome da non dimenticare. Un progetto da scoprire, da inseguire, per chi cerca musica speciale, nascosta, ma capace di lasciare un segno profondo.

Un plauso finale alla mitica Wraith Productions per aver accolto tra le sue schiere “elitarie” l’artista francese, e per l’artwork tanto crepuscolare quanto “sfuocatamente irritante” che – pur non puntando alla bellezza canonica – riesce a dare al disco qualche punto in più. Come una cornice che non pretende, ma accompagna con discreta eleganza..

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Riassunto

Wraith Productions (2008)

Tracklist:

01. L’Etre
02. La Passion
03. L’lsolement
04. La Mort
05. A L’Aube Du Temps

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