Gli svizzeri Wacht arrivano con Indigen al secondo disco completo su un terreno costellato di demo, ep e split vari, un terreno che si è iniziato a coltivare dal 2007. Tanta produttività che fa tutto sommato bene al monicker, perchè tiene viva la circolazione di nuovo sangue, pronto a filtrare nei vari meandri più o meno visivi.
Indigen non è il classico disco black metal da affrontare a cuor leggero. In primis c’è lo scoglio della durata con i suoi 55 minuti, poi a stupire troviamo la varietà impressa nel songwriting, momenti truculenti ed epici si daranno il cambio con altri decisamente “cazzoni”. Diciamo che bisognerà ascoltarlo un pochino di volte prima di capirlo per bene; di sicuro la parola che meglio lo definisce è spiazzante (però niente di innovativo eh!).
Questa perenne difficoltà mi si ripresenta ad ogni nuovo ascolto e mi fa un po’ rallentare, indugiare nel metterci sopra un pizzico d’entusiasmo in più. Partono sempre bene, davvero bene tramite l’opener Il Capricorn Solitari che mi soddisfa appieno, ma puntualmente le cose si inceppano durante il protrarsi del prodotto, e qualche battuta d’arresto (che ci sta comunque, non stiamo parlando di un prodotto insufficiente), anche se impercettibile la si scova.
La produzione è bella grezza (ma di quelle che non vengono in tuo aiuto, anzi), le chitarre quasi se ne stanno in disparte spandendosi nel caos fatto di bassi, voce e batteria. Comunque sono sempre puntuali, agitate come serpenti, e faranno -credo- la felicità di chi insegue ancor oggi i soliti riffs raw con mischiata un pizzico di salsa epica. La voce si adatta ecletticamente al pezzo e alla sensazione che si vuole dare in quel preciso istante, più sofferta nella opener, oppure maggiormente variegata e interpretata come ad esempio su Intellect Inflamà.
Questo disco rilascia una sensazione spirituale antica, parla freddamente nel tempo ma non è un freddo che senti al tatto, diventa il termine visceralità quello dominante, ed è un vero peccato che non sia uscito fuori un pelino meglio di quello che è, perché con poco in più si potevano raggiungere risultati importanti.
Lo specchio di tale giudizio è perfettamente espletato da una Nos Privilegi a tratti suadente, anonima in altri, mentre tra le “best of” non posso che tirare in ballo Engiadina Sur Tuot! ovvero “quando la sofferenza trapassa gli auricolari entrandoti in circolazione in un trionfante tutt’uno”. Sbrais Sainza Sun e Güstizia, Per La Vardà azzannano piacevolmente con un riffing molto finlandese, mentre alla fine c’è anche spazio per un piccolo tributo agli Hellvetic Frost con la sozza Black Metal über Alles.
Digipack limitato a 500 e disco interamente cantato in Romancio a dare quel pizzico di opportuna diversità. Un ulteriore ultima parola che vi posso lasciare è ostico, ma il black metal continua a vivere, proporre, e noi ce lo teniamo stretto, poco importa quanto meno bello può talvolta essere.
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60%
Summary
Abartigkeit (2013)
01. Il Capricorn Solitari
02. Intellect Inflama
03. Nos Privilegi
04. Engiadina Sur Tuot!
05. Indigen
06. Grischun Abanduna
07. Sbrais Sainza Sun
08. Güstizia, Per La Varda
09. Funda Sun Fo
10. Black Metal Uber Alles
11. Epilog – Engiadina