Finalmente il ritorno dei Thy Light, il gruppo del brasiliano Paolo Bruno era atteso dai tanti seguaci del cosiddetto depressive black metal da troppi anni ormai. E’ dal 2007, anno d’uscita del “fenomeno” Suici.De.pression che non si era più sentita nota volare dalle parti di São Paulo, il che è preoccupante visto quanto e come è stato acclamato questo primo vagito discografico.
Era quindi discreta l’attesa profusa per la nuova fatica No Morrow Shall Dawn (quando si parla di decadenza la Pest Productions c’è sempre), attesa alimentata in parte anche dalla scelta di una copertina tanto semplice quanto importante (si, ci sono artwork in grado di gettarti nell’animo aspettative inaspettate, non vi è mai successo?). Ed è un po’ come uscire da quel fumo per i Thy Light e la loro musica, il tempo passatoci dentro li ha in parte mutati, perché durante gli anni sono mancati almeno due gradini, e con il prodotto finito in mano si può tranquillamente dire che si sentono tutti.
Quello che ci troviamo davanti è un qualcosa di più maturo, quasi etereo nel suo volersi distaccare da “quella disperazione ad ogni costo” in vigore nella precedente release. Meno visceralità e più ricerca della sensazione vagante, due brevi strumentali e tre mattonelle attorno ai dieci minuti, basta relativamente poco alla formazione per incartarci nel loro mondo solitario e nebbioso.
Quello che rimane invariato è la cadenza, ma se prima era la disperazione a dominare il lungo e in largo ora si è data il cambio con una certa follia controllata. Il sound è vibrante, dominante sotto certi aspetti, una scelta forse ben precisa, quella di scrollarsi di dosso il marciume accumulato a favore di una chirurgia fatta solamente annusare o intendere. Dopo aver smosso il genere ora Paolo Bruno vuole forse portarlo ad un altro livello sensitivo? L’operazione è coraggiosa ma in un mondo ormai frenetico, che non aspetta più nessuno, quanti sono rimasti ancorati a questi suoni ora che sono passati decisamente di moda?
Mi viene da ridere se penso alla quantità di persone che hanno ascoltato e magari venerato Suici.De.pression e che ora sono da tutt’altra parte, pronte ad andare dove tira il vento. No Morrow Shall Dawn in fondo è anche per loro perché il monicker Thy Light invece non si è fermato, anzi si consolida per mezzo di un disco che riesce a rapire tramite nobili arti. Si bivacca di qui e di là, sballottati senza meta e si viene risvegliati puntualmente da momenti di inaudita bellezza, momenti come istanti di piacere atti a suggellare le parti meno impressionanti ma necessarie per la visualizzazione di quella differenza fra linearità ed eccellenza.
Le tre Wanderer of Solitude, title track e The Bridge non sono di certo canzoni memorabili, di quelle in grado di accompagnarti sino alla tomba tanto per dire, ma al loro interno ne hanno di momenti memorabili, ed è questo alla fine ciò che realmente importa. Il tutto assume caratteristiche evasive, di viaggio, un qualcosa che resta vissuto e quindi a suo modo incisivo e meritevole di essere ascoltato.
No Morrow Shall Dawn è una revisione, l’attualizzazione di ciò che erano i Thy Light, una macchina nuova che mantiene invero le cose positive di quella precedente, per andare ad innestare quei piccoli ma determinanti perfezionamenti atti a farla combattere ancora una volta con gli altri rivali di questo difficile mondo.
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Summary
Pest Productions (2013)
Tracklist:
01.Suici.De.spair
02.Wanderer of Solitude
03.No Morrow Shall Dawn
04.Corredor Seco
05.The Bridge