Disco strano e disordinato (non credetemi troppo però, anche l’ordine qui riesce a diramare i suoi nascosti tentacoli), il classico boccone amaro da dover digerire. Che sono inglesi lo avverti subito o quasi (almeno basandoci sull’operato di Anaal Nathrakh e The Axis of Perdition, questi i paragoni da subito balzati in mente), c’è quel senso di fastidio, quella materia ferrosa che avanza meccanicamente per la gioia di chi vorrà allegramente compromettersi.
Suonano black metal i Throes, di qualità lancinante e brutale, con soli scenari industriali a rappresentare uno sfondo ben poco confortevole. L’agio non dimora su Disassociation, l’album è “frustante” per quanto poco riesca ad alimentare o accendere, eppure nel suo assurdo compito si compie, perché nasce già morto (e solo in sua proporzione cresce), e da lì rilascia solo specifiche esalazioni. Lo salveremo solo se riusciremo ad inquadrarlo in questa maniera, altre soluzioni all’orizzonte non credo siano possibili.
Sembra di assistere ad una esibizione post-catastrofica, l’aria è malata e due individui stanno suonando per un pugno di persone accatastate su un cumulo di macerie, non c’è spazio per godersi l’attimo ma solo quello per contemplare la distruzione che fa da contorno.
Non saprei -detto sinceramente- quanto consigliare un disco come Disassociation, una parte di me vorrebbe dirvi di evitarlo con tutte le forze possibili, l’altra invece vi ci spingerebbe brutalmente contro con fare sadico, giusto per vedere come finisce.
I Throes non si curano di null’altro se non di loro stessi, danno sfogo ai loro incubi per mezzo di cinque brani (trentacinque i minuti) che non cambiamo mai umore o scenario (freddo e rovine per una durata media che parte da un minimo di cinque minuti per andare a sfiorare i dieci). Solo una volta raggiunto l’adeguato stato psicologico potremo sancire l’esatto equilibrio che vige dentro questo album, un “terzo occhio” necessario, che in maniera distaccata ci farà godere per mezzo di gioie e dolori vari.
Forse Disassociation è proprio quel disco che stavate attendendo spasmodicamente, quello indicato per un preciso “annientamento passeggero”. Classico caso dove mi è impossibile formulare giudizi, e quando si è i primi a dubitare è meglio -in un certo qual modo- restare fermi dove si è. Se volete “ricevere” ad ogni costo evitatelo, in caso contrario benvenuti nel loro mondo.
Summary
Rain Without End Records (2015)
Tracklist:
01. Sleepwalker
02. Exponent
03. Hellion
04. Necroanalysis 05. Caveat