Therion – Leviathan

C’era bisogno di una boccata d’aria in casa Therion e Leviathan arriva giusto per questo, oltre che per spazzare molti dubbi, delusioni ma anche determinate illusioni.

Si, il nuovo arrivato stupisce di sicuro per la ritrovata verve ma lascia anche intendere che oltre una certa asticella sarà impossibile ritornare. Insomma sia Gothic Kabbalah (migliore) e Sitra Ahra (meno bene) l’avevano lasciato intuire, ma poi la band si è presa un decennio intero per costruire, pensare e sperimentare. In questo lasso di tempo sono usciti l’album di cover francesi Les Fleurs du Mal e un Beloved Antichrist davvero intenso, lungo, a detta “troppo” per alcuni, ma anche pieno dei suoi perché (certo, bisogna mettersi lì e saper aspettare).

I Therion con Leviathan decidono di riprendersi il passato, lo fanno attraverso un songwriting che lascia poco all’immaginazione e bada ad esaltare le particolarità che hanno cominciato a profilarsi con lo storico Vovin. Ma dimenticatevi quella classe, quel carisma, quel senso di unicità che logicamente oggi non può più sussistere. Leviathan è furbo per volontà, è l’occhiolino rivolto verso di noi che abbiamo speso ore del nostro tempo sui passati capolavori; non è certamente da buttare ma a ben vedere non è neppure quella gran cosa che in tanti vorrebbero far passare. E’ semplicemente un buon disco in puro stile Therion, brillante, esemplare ma che arriva a prenderci allo “sfinimento”, praticamente dopo un’era che non se ne ascoltava uno così. Logico intendere entusiasmo e stupore.

Leviathan ci propone undici pezzi perlopiù snelli e agili, avremo certamente di che gioire e pure qualche timido sbadiglio da registrare, anche se non si sprofonda mai nella vera delusione (il disco viene portato a casa sano e salvo). Christofer Johnsson si è messo lì a comporre nella maniera che sa, e ciò che ne esce non può che generare in noi la giusta passione e un relativo grado nostalgico.

La nuova fatica da una parte è molto omogenea mentre dall’altra devo ammettere che riesce a snocciolare alcune diversificazioni della band svedese. Se prendiamo in riferimento la prima metà del disco abbiamo l’ottima e slanciata opener The Leaf on the Oak of Far (capace di guadagnarsi le mie personali vette dell’album), la classica e statuaria Tuonela (con la partecipazione di Marko Hietala), una title track come pungente ed etereo anthem in crescendo e l’epicissima Die Wellen der Zeit (il ritornello fa salire l’ardore). Ogni pezzo raggiunge le sue vette e risulta ben distinto e diverso dall’altro, mentre nella seconda parte comincia a scendere di qualche grado l’asticella del pathos.

Non sono male la sostenuta Aži Dahāka, Eye of Algol (grande comparto strofa, riffing e refrain) e Psalm of Retribution, mentre l’ultima Ten Courts of Diyu cerca l’eclatante ed emotivo colpo di coda finale con metodi vicini ai Nightwish. Finiscono invece a scricchiolare leggermente l’oppressiva Nocturnal Light, la power oriented Great Marquis of Hell (simpatico tentativo di unire il Therion pensiero ai Rhapsody) e la raggiante cavalcata El Primer Sol.

Dalla necessità di semplificare nasce un Leviathan ordinato e capace di alleggerire una proposta solitamente più ingombrante e difficile da digerire. Alla fine è questo il suo pregio maggiore, riuscire a filtrare il tipico messaggio Therion nella maniera più elementare possibile. Da questa visuale il lavoro svolto appare encomiabile e magari farà guadagnare loro qualche ascoltatore in più in periodi di magra.

69%

Summary

Nuclear Blast Records (2021)

Tracklist:

01. The Leaf On The Oak Of Far
02. Tuonela
03. Leviathan
04. Die Wellen Der Zeit
05. Aži Dahāka
06. Eye Of Algol
07. Nocturnal Light
08. Great Marquis Of Hell
09. Psalm Of Retribution
10. El Primer Sol
11. Ten Courts Of Diyu