Avevo incontrato i The Slow Death in occasione dello split con i Majestic Downfall. In quella specifica occasione avevo preferito i compagni d’uscita, e forse mai avrei creduto di trovarmi (un bel po’ d’anni dopo) per le mani un disco di enormi fattezze come il qui presente Siege. Lo ammetto, nel mentre ho perso il contatto con la band australiana, e così ho saltato l’incontro con il secondogenito Ark. Ma io riprendo la strada per l’appunto con Siege, disco che esce sotto una Transcending Obscurity Records sempre più attiva e convinta del proprio operato in territorio discografico estremo.
Ma parliamo di questo Siege, un disco certamente sfiancante (quattro pezzi per oltre un’ora di durata di gothic/funeral doom), ma anche dotato di una qualità cristallina che potrà fare sommessamente gioire i seguaci di entità incredibili come Mournful Congregation e Shape of Despair (più graditi accenti ai primi Tristania come si evince dalla bellissima opener Tyranny).
La prestazione di Mandy Andresen (Murkrat, Crone) è tanto eterea quanto mesmerizzante (questa è persuasione su massimi livelli per come la intendo io, poco importano le perfezioni), magica sposa del vocione cavernoso del “tiranno” Gamaliel (subentrato al purtroppo scomparso e storico Gregg Williamson). I due fanno letteralmente il bello,cattivo e malinconico tempo all’interno di quattro brani emotivi, impetuosi e che non mostrano mai la voglia di spegnersi evitando temibili passaggi a vuoto (e visto il genere il pericolo c’era).
I The Slow Death incantano, accompagnano la nostra emotività su diversi livelli senza mai perdere l’obiettivo primario di vasta circoscrizione. Il sound è ovattato, sembra che il tutto avvenga su ampie distanze ma poi ci ritroviamo lì in prima persona, a pochi passi dagli avvenimenti. Lavori come Siege ti ripagano per il tanto cercare/ascoltare, ti prendono per mano portandoti nella loro particolare dimensione (che è pure dinamica se andiamo a grattare o vedere).
Un lavoro che ha richiesto circa sei anni, sedimentazione che arriva dritta e pura, e proprio per questo risulta a sensi o posteri ancora più gradita ed efficace. Famine è perfetta, apocalittica e sensoriale (e ad una certa diventa pure “cavalcata”), una sorta di lungo respiro prima dei 19 minuti chiusi ed asfissianti – ma che sanno anche “scalare” con le chitarre – di Pestilence e di una conclusiva e “classica” Ascent of the Flames (cover degli Stone Wings dello stesso Stuart Prickett) ricca di pathos e degna accompagnatrice degli ultimi rantoli di un disco certamente ricco, curatore e speciale.
Se amate tutto ciò che abbraccia le sfere del gothic/death/doom dovete assolutamente immergere anima e corpo dentro ciò che i The Slow Death hanno confezionato con Siege. Un disco che per quanto mi riguarda, finirà per essere ripreso con la stessa frequenza dei grandi classici di genere. Assoluta pietra preziosa di questi tempi.
Summary
Transcending Obscurity Records (2021)
Tracklist:
01. Tyranny
02. Famine
03. Pestilence
04. Ascent Of The Flames [Stone Wings cover]