The Coventry – Atlas : The Weight of the World

Ancora sotto la fidata Swiss Dark Nights arriva la quarta produzione su lunga distanza per i The Coventry. La band italiana sta affilando le proprie oscure unghie, e disco dopo disco sta riuscendo a centrare l’ambito e mai facile da raggiungere bersaglio della sopraffina qualità; l’ultimo Atlas : The Weight of the World è una testimonianza lampante, un percorso immersivo lastricato su grigio marmo dark/synth wave lungo dieci brani particolarmente vincenti.

D’altronde quando inizi un tuo percorso con un brano letalmente efficace come May the Death finds us alive non dico che hai già fatto la metà degli sforzi, ma certamente sei riuscito a sganciare verso il tuo pubblico un magnete non da poco.

Seducenti, carezzevoli, i The Coventry lasciano il tempo di interiorizzare un veleno particolare e tangibile. Si distinguono subito tutti i pregi sprigionati da ragazzi che sanno maneggiare l’amore verso gli anni ottanta e le esperienze fatte ascoltando le più grandi band di quell’epoca. Le influenze sono tutte lì e vanno dai soliti The Cure ai Depeche Mode, passando per i seminali The Sisters of Mercy e Clan of Xymox senza però omettere l’importanza dei nostrani The Frozen Autumn. Nonostante tale evidenza all’interno di Atlas : The Weight of the World vige molta freschezza, e la voglia di portare sempre a termine il pezzo con tenacia e forte volontà creativa.

Parte il “richiamo” con Evil (prima apparizione vocale per Adriana Colella che è solita occuparsi dei synth), brano leggiadro, un quieto sussurrare che ti trasporta assieme a lui facendoti staccare immediatamente la spina.

Atropine è ballabile, la classica hit che spopolerebbe se portata in giro da qualche grande nome. Brano che rasenta la perfezione per quanto mi riguarda, dotato di linee vocali indovinate, tiepide eppure molto trascinanti. Open Wounds prosegue dando spinta ad un disco praticamente inattaccabile, a seguire troviamo Onyx, pezzo se vogliamo più “concreto” e “afferrabile”, l’oscurità in pratica è già sopraggiunta intorno a noi senza lasciare avvertimenti.

Il percorso continua con lo quieto sprofondamento stratificato di una Deep Dives fortemente emotiva, con una Vespers all’attacco ed abile nell’inchiodarsi subito in testa e una Emerald Twilight che messa lì al crepuscolo, potrà accendervi anche un non so che alla Blutengel. Atlas ha invece il compito di gettare un strumentale drappo nero sul tutto, chiudendo il discorso con opportuni e cavernosi strattoni atti a sconvolgere e “destare”.

I The Coventry meritano attenzione e la speranza è quella che possano venire scoperti anche a livello mondiale perché il materiale creato sta silenziosamente lì a richiederlo, un urlo soffocato, riflettente e nero come onice, consapevole del suo valore. Passi che conoscono la strada intrapresa, la giusta presa di coscienza che cattura e riconcilia con la musica che “tirava” una volta.

75%

Summary

Swiss Dark Nights (2023)

Tracklist:

01. May the Death finds us alive
02. Fear State
03. Evil
04. Atropine
05. Open Wounds
06. Onyx
07. Deep Dives
08. Vespers
09. Emerald Twilight
10. Atlas