The Arcane Order – Distortions from Cosmogony

A ben otto anni dal precedente Cult of None ecco ripresentarsi ai nastri di partenza i danesi The Arcane Order.

Il loro quarto capitolo discografico si intitola Distortions from Cosmogony e ci mostra una band vogliosa di recuperare gli anni “lasciati in mezzo”. Il disco è certamente ingombrante, le canzoni hanno l’intenzione di sfiancare ed il tutto si protrae per non pochi 57 minuti totali.

I The Arcane Order hanno voglia di esagerare ed infarcire la loro musica per bene. Ci vanno a stampare un disco complesso, tecnicamente ineccepibile ma anche molto difficile da digerire. Devo ammettere che inizialmente avevo pensato di attribuirgli valori maggiori, valori che ho dovuto levigare a causa di alcuni aspetti rocciosi alla lunga troppo opprimenti (in più di un caso ho percepito troppa forza ed insistenza ritmica).

Se prendiamo uno ad uno i brani presentati su Distortions from Cosmogony non potremo di certo avere di che lamentarci, i problemi si manifestano durante la “regolare” fruizione da cima a fondo dell’album, dove la band arriverà talvolta a sfiancarci oltremisura (ed è un vero peccato per quanto mi riguarda).

Insomma, enorme preparazione (il solido duo alle chitarre formato da Flemming C. Lund e Kasper Kirkegaard lavora in perfetta sintonia ormai), obiettivi ben fissati e spesso tenuti a bada, eppure a causa di qualche venialità di troppo, non possiamo stare qui a parlare di un qualcosa di altamente imprescindibile.

Però tutto questo è anche molto soggettivo e l’onda d’urto generata potrebbe conferire differenti reazioni in base a molte varianti. Il fatto che il disco sia di spessore è innegabile, però non completa alla perfezione un certo arco che invece appare distinto per quanto concerne livelli strumentali e di produzione (diciamo che si avvertirà un pizzico di ridondanza).

L’opener Cry of Olympus presenta le caratteristiche della band al meglio. Si va dalla furia dei Behemoth alla precisione di Meshuggah e Fear Factory sino ad arrivare a limature alla Soilwork o a follie legate al mondo degli Strapping Young Lad. Il tutto ovviamente in salsa danese con il lesto zampino degli Hansen Studios ad ingrossare ulteriormente il tutto.

A seguire troviamo una A Blinding Trust in Chosen Kings pronta a sgasare ed offrire letale precisione. Colpiscono per la carica impressa (accresciuta dalla prestazione animalesca di Kim Song Sternkopf), per la volontà di partire diretti e senza paure legate a possibili impatti/frammentazioni. Mettono su pesi, groove e struttura i The Arcane Order ed ogni nuova canzone sarà pronta a far traboccare il liquido dal bicchiere. Al momento dell’arrivo della conclusiva Wings of Duality (che mi ha fatto pensare agli Omnium Gatherum) ci sarà sicuramente da pensare.

Distortions from Cosmogony mi mette addosso non poca difficoltà. Da una parte mi intriga e spinge a riascoltarlo, dall’altra finisce a darmi un senso mancata perfezione che cozza vistosamente con la forma di ciò che effettivamente esce. Certi intuiti vanno però seguiti e sono altresì certo che mi procurerò l’album alla prima occasione vantaggiosa.

Implacabile, chirurgica ed apocalittica arte.

65%

Summary

Black Lion Records (2023)

Tracklist:

01. Distortions From Cosmogony
02. Cry Of Olympus
03. A Blinding Trust In Chosen Kings
04. Starvations For Elysium
05. Favors For Significance
06. The First Deceiver
07. Empedocles’ Dream
08. Ideals Of Wretched Kingdoms
09. Children Of Erebos
10. Wings Of Duality