TeHÔM – Lacrimae Mundi

TeHÔM – Lacrimae Mundi: il ritorno oscuro che sussurra all’anima

Si rimette in moto la macchina TeHÔM in quel di Zagabria, e dopo anni di inattività dovuti alla scomparsa del fondatore Sinisa Očursćak. Il merito è tutto di Miljenko Rajaković, che ha trovato la forza e le giuste intuizioni per proseguire l’immaginario del compianto amico. E con la Cyclic Law a sorvegliare il tutto, si può pure dormire sonni tranquilli.

Il dark ambient prodotto da TeHÔM alimenta i sensi con un continuo solleticamento percettivo. Rimane ancorato al consueto – per il genere – immaginario cupo, fortemente negativo, quasi privo di speranza. Eppure qualcosa, in questo disco, si muove deliberatamente per stuzzicare. Conferisce un’oscurità mai statica, come se dentro al nero si muovessero piccole fiammelle grigie. Si spostano, cercano nuove vie d’uscita, oppure tornano su un punto per rievocare ricordi sepolti. Sensazioni che emergono soprattutto nei momenti più tribali.

Accessibilità senza compromessi: il mistero di Lacrimae Mundi

L’accesso a Lacrimae Mundi è quindi in qualche modo “facilitato”: veniamo accompagnati sulla giusta strada, ma questa non è affatto chiara, né tanto meno semplice. La componente rituale è ben radicata e dominante, ma riesce a fondersi con altri elementi, generando situazioni sempre diverse. Alcune vagamente eteree, altre industrial, altre ancora opprimenti nella loro linearità.

Lo spazio sonoro si riempie in modo improvviso, con volumi che esplodono come impennate. C’è la volontà chiara di scuotere l’ascoltatore, ma senza disorientarlo. L’artista ci prende per mano e non la lascia mai, se non per qualche frazione di secondo. Una componente umana si avverte tra sussurri e declamazioni, a ricordarci che, in fondo, stiamo vivendo un viaggio interiore. E che, smarriti o meno, possiamo sempre ritrovare la via.

L’opener Perilous Depth ha il compito di presentare, nei suoi nove minuti, quasi tutte le caratteristiche del disco. Calma e quiete fluttuano incessantemente, sorrette da un tribalismo sommesso e droni di nera inquietudine. Da un lato, pare volerci sedare; ma spesso è solo un’apparenza, grazie all’effetto “gonfia-sgonfia” che si ripete lungo l’intera opera.

Darkness Cosmogony of Myths, nella sua brevità, appare come un taglio netto alla nascita, un tentativo di negare la possibilità stessa di una nuova vita. In contrasto arriva Abyss, forse il punto più alto del disco (a pari merito con l’atto finale), sospesa in un crescendo gestito con sapienza. Qui il suono trattiene, fagocita, ingloba. E i passaggi tra un movimento e l’altro sono tutti notevoli – quello tra Abyss e Amorphous Structure in particolare – costringendoci a restare all’erta, pronti a percepire anche le variazioni più sottili.

Tre atti finali tra noise, insidie e catastrofi cosmiche

È proprio a metà disco che si inizia a comprendere il vero valore di ciò che si sta ascoltando. Con The World Ended, in pratica, moriamo e rinasciamo. I rintocchi della title track aprono i tre atti conclusivi, fondamentali per la valutazione finale. The Magnitude of Shaking piazza e nasconde elementi noise sotto colpi potenti e imprevedibili. Atum è un’insidia distante solo in apparenza, mentre Modality of Cosmic Matter è il finale catastrofico che già avevamo dentro, ma che ancora non sapevamo. E fa venire voglia di tornare al principio, se non subito, almeno dopo qualche giorno di silenzio.

Lacrimae Mundi non grida, non cerca attenzione, evitando accuratamente territori troppo grandi per potersi esprimere in piena libertà. È proprio così che riesce a raggiungere il suo obiettivo.

  • 73%
    - 73%
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Summary

Cyclic Law (2014)

Tracklist:

01. Perilous Depth
02. Darkness Cosmogony Of Myths
03. Abyss
04. Amorphous Structure
05. The World Ended
06. Lacrimae Mundi
07. The Magnitude Of Shaking
08. Atum
09. Modality Of Cosmic Matter

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