Gli olandesi Sammath esistono, tra una leggenda e l’altra, fin dal lontano 1995, ai tempi delle prime demo. Se il detto “only the strong survive” avesse davvero il peso che merita, andrebbe ricamato a mano sul giubbotto di questa formazione, che ancora nel 2014 ha voglia di triturare tutto ciò che incontra sul proprio cammino, senza chiedere permesso.
Vi aspettavate forse un’evoluzione? Un adattamento, magari, al passo coi tempi? Qualcosa pensato per soddisfare un pubblico sempre più immaginario, legato a un ascolto fugace e disattento, pronto a dimenticare tutto dopo il primo play? La risposta, fortunatamente, è un sonoro “no”. Su questo disco a firma Sammath campeggia un gigantesco “fuck you”, un gesto di sfida lanciato contro tutto e tutti. E se vogliamo, Godless Arrogance risulta persino più marcio e fetido delle produzioni precedenti. Con le dovute proporzioni, nel contesto attuale, questo album è persino più coraggioso delle loro prime uscite.
Godless Arrogance è un manifesto. Uno stendardo impiantato con forza, a dire che il nome Sammath deve e vuole continuare così, fino alla fine, su un percorso prestabilito, ostinato e consapevole. Non è la loro opera più monumentale né la migliore in assoluto, ma sprigiona una potenza autentica, un crescendo nascosto che con ogni ascolto diventa più avvolgente. All’inizio si può anche passare sopra con leggerezza, ma poi qualcosa si apre, tutto si spiega, e ti ritrovi a volerne ancora. E ancora.
L’album è terribilmente crudo e primitivo, come un suono di corno che rimbomba da lontano. È denso di sensazioni meccaniche e taglienti, con chitarre che puntano dritte a un’epoca sepolta, e una voce che pare emergere da un tombino arrugginito e ormai abbandonato dal ’95. E proprio la noncuranza con cui tutto questo viene offerto lascia spiazzati: Godless Arrogance è un esempio di coerenza assoluta, un atto di coraggio che merita rispetto.
In mezzo a questa furia cieca si fa largo anche una strana melodia. Sottile e ossessiva, che impreziosisce tutto, trasformando l’impulso distruttivo in magia nera e pura. Basterebbe ascoltare l’opener Shot in Mass per capire tutto: è l’inizio di un’espansione maligna, una macchia che si allarga senza sosta. Ma non è che l’inizio.
Non è un disco per palati raffinati, questo. Godless Arrogance è un premio per chi è ancora qui, per chi ha attraversato ere vedendo collassare orde di giovani esaltati o di meteore improvvisate. È per chi ha fame di blasfemia sonora, grezza, velenosa, indifferente a tutto il resto. Un delirio psichico (ascoltate Godless per capire) in cui di tanto in tanto soffia una sporca brezza melodica, nel tentativo – forse vano – di portare più lontano possibile il proprio messaggio.
Un album come uno spiraglio acuminato, costruito con cura maniacale, da dedicare a chi ancora riesce a gioire di certe visioni. A tutti voi, dedico This World Must Burn. Perché se la fine è sempre più vicina, lo è anche grazie ai Sammath.
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70%
Summary
Hammerheart Records (2014)
Tracklist:
01. Shot In Mass
02. Fear Upon Them
03. Thrive In Arrogance
04. Godless
05. Death (Hunt Them Down)
06. This World Must Burn (Hammer Of Supremacy)
07. Through Filth And The Remains Of Man
08. Nineteen Corpses Hang In The Mist