Wallachia – Shunya

Wallachia – Shunya: il ritorno spiazzante tra black melodico e mutazioni melodiche

Per me i norvegesi Wallachia erano From Behind the Light (correva l’anno 1999) e il precedente EP omonimo di due anni prima. Rappresentavano, in verità, “l’ossessione” per ogni prodotto norvegese che usciva in quei tempi. Il “tutto e a ogni costo”, diciamo. Per fortuna, il tempo mette in subbuglio ciò che è giusto, rivalutando a distanza cose che inizialmente erano parse inutili o prive di senso. Così, l’epoca di internet ha dato – giustamente – un po’ di lustro a quel disco, portando la band al ritorno discografico dopo ben dieci anni con Ceremony of Ascension (che, al momento, non ho ancora ascoltato).

Il ponte per arrivare al 2012 e a Shunya è stato sicuramente più breve. L’album segna anche l’approdo sulla valida Debemur Morti Productions. Continua il sodalizio del leader Lars Stavdal con l’austriaco Stefan Traunmüller (Golden Dawn, Rauhnacht), e direi che tutto ciò si percepisce chiaramente. La musica proposta oggi dai Wallachia guarda molto al senso melodico del “co-creatore”. Così – come anche, e non a caso, l’ultimo Golden Dawn intitolato Return to ProvenanceShunya inizialmente dice molto poco. Mi metto fra i primi ad averlo sottovalutato frettolosamente, per poi rivalutarlo piano piano con gli ascolti. Ma quasi non se ne viene a capo. Risulta un ascolto spiazzante, dove appare chiara fin da subito l’assenza di una “fissa dimora”.

Produzione artificiale e anima anni ’90: un contrasto che tutto sommato funziona

E pensare che la musica giunge tramite canali abbastanza “easy” e altrettanto melodici. La produzione viaggia su ambienti artificiali, meccanizza un po’ il tutto, e qualche orecchio potrebbe non approvare. D’altra parte, se si presta la necessaria attenzione, si può percepire chiaramente l’impronta anni ’90 che sta alla base della proposta. Questo farà invece la gioia dei più attempati e ingrigiti ascoltatori.

La musica è principalmente un black metal melodico che sfocia spesso in soluzioni dark/gothic (su tutte mi sobbalza in mente la parte alla The Sisters of Mercy su Gloria In Excelsis Ego). L’intenzione è quella di tracciare un percorso “diverso e il più mutevole possibile”. Si fa questo usando l’espediente melodico in maniera “brutale”, cercando di far emergere una certa pomposità, un determinato momento o spaccato melodico (anche su canzoni complete come Ksatriya o sulla conclusiva Emotional Ground Zero).

Il segreto per capire quanto può piacere Shunya è racchiuso, per me, nella canzone Enlightened by Deception. Penso sia l’esempio perfetto di cosa significhi il disco in pochi minuti. Se la strofa vi piglia, il suono vi aggrada e una certa semplicità non vi scoccia, allora potrete ritenervi a cavallo.

Si muove tutto tra folk, sinfonia e spazi aperti

Piacevoli i risvolti folk su Hypotheist, che fanno comunque intuire la duplice volontà di cambiamento e solidità nel songwriting. Nostalgia Among the Ruins of Common Sense azzecca metriche semplici ma toccanti (in particolare l’ultimo verso è davvero indovinato) grazie a un leggiadro tocco sinfonico, mentre Harbinger of Vacuumanity ci proietta senza preavviso nello spazio, in maniera non troppo distante dall’operato di Arcturus o Winds (un finale davvero maestoso).

Shunya è semplice e non lo è contemporaneamente. Richiede la dote di essere fruitori “multiformi”, di quelli che si fanno conquistare senza prima farsi desiderare. Sono strani i Wallachia, ma alla fine pure concreti in ciò che vogliono essere. Forse apparentemente debole, eppure pieno di belle iniziative.

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Summary

Debemur Morti Productions (2012)

Tracklist:

01. Dual Nothingness
02. Gloria in Excelsis Ego
03. Ksatriya
04. Enlightened by Deception
05. Hypotheist
06. Nostalgia Among the Ruins of Common Sense
07. Harbinger of Vacuumanity
08. Emotional Ground Zero

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