Trust – L’ Elitè (Trust)

Liberté, Égalité, Fraternité… hanno ancora un significato queste parole?
I risultati del primo turno delle elezioni presidenziali francesi, che vedono – nonostante l’apparente “sconvolgimento” del consolidato rituale politico d’oltralpe – l’imminente quanto assolutamente ordinario ballottaggio tra l’ ex banchiere nè di destra nè di sinistra (Emmanuel Macron) e la peggior feccia nazionalsocialista (Marine Le Pen), sono qualcosa in grado di fare impallidire persino la logica del meno peggio spesso praticata in casi del tutto analoghi (…chi ha detto Virginia Raggi sindaco di Roma?).
Cosa è realmente cambiato rispetto al 2002? Una beneamata minchia, mi verrebbe da rispondere.

E rispetto al 1979, invece? Chi meglio della più grande e famosa rockband transalpina potrebbe mai illuminarci?
Fieramente anarchici e rigorosamente antifascisti, con un attenzione particolare rivolta verso la working class; coloro che hanno sempre deriso i piani alti della piramide del dominio capitalista, sputando sulle istituzioni e pisciando sopra alla polizia razzista, famosi prevalentemente per il singolone Antisocial (portato successivamente alla ribalta dagli Anthrax) e per aver avuto nelle loro fila personaggi del calibro di Nicko McBrain, Clive Burr (Iron Maiden) e Jack Starr (Virgin Steele)… signori e signore… ecco a voi i Trust!

Chiarita quindi l’attitudine, grazie – o per colpa – della quale i parigini, guidati dal magari non dotatissimo ma sicuramente carismatico singer Bernard Bonvoisin, guadagnano – o perdono – (wow… come sono super partes!) almeno venti punti percentuale, dedichiamoci all’aspetto strettamente musicale.
AC/DC, Maiden del periodo Di’Anno (anche se forse sarebbe meglio scomodare quella colonna miliare che risponde al nome Diamond Head) sommati al “tiro” ed alla carica iconoclasta dei primissimi Bad Brains, vanno a formare una miscela frizzante, graffiante e grintosa con eccellenti spunti di chitarra solista.
Brani come la title track, Police-Milice, Le Matteur (una ballata da libidine… coi fiocchi!) e soprattutto Palace (davvero un pezzo di livello superiore, un condensato di tutto quello che il finto rocker nostrano Vasco Rossi non è riuscito minimamente ad avvicinare con una decina di ‘fatiche’, ascoltare per credere!) ribadiscono, se mai ce ne fosse ancora il bisogno, lo schifo di questa società basata sul profitto e sullo sfruttamento, un mondo libero in cui tutto è merce e speculazione. Compresa la musica. Bisogna ricordare infatti che, per ovvie ragioni di mercato, la maggior parte delle uscite discografiche targate Trust nasce con la doppia nazionalità franco / inglese: sfanculando allegramente la lingua anglofona ed i tragicomici quanto improbabili ‘aforismi’ alla Matteo Renzi, il mio imperativo è quello di buttarsi a capofitto sulle versioni in linguamadre, le quali, oltre ad adattarsi perfettamente ad un certo clima battagliero, donano anche un deciso trademark e personalità alla band, caratteristiche queste fortemente sminuite dall’utilizzo della cosiddetta lingua dominante.

Quindi, sia che si parli del presente disco d’esordio, dell’altrettanto capolavoro Rèpression (1980) o ancora del sottovalutato Idèal (1983) il discorso è sempre il medesimo: qui siamo dinanzi a composizioni che meritano il vostro tempo, il vostro rispetto e la rivalutazione di chi – come il sottoscritto – continua a cercare stimoli lungo i tortuosi sentieri del rock pe(n)sante.
Ora come sempre: VIVE LA RèVOLUTION !!!

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Riassunto

CBS Records (1979)

1. Préfabriqués
2. Palace
3. Le Matteur
4. Bosser huit heures
5. Comme une damné
6. Dialogue de sourds
7. L’Élite
8. Police-milice
9. H & D
10. Ride On (AC/DC cover)
11. Toujours pas une tune