Salta al contenuto Passa al menu principale
Logo della webzine musicale Disfactory.it
  • Hot Noize
  • Recensioni
    • Black Metal/Heathen Tones
    • Death Metal/Melodic Death Metal
    • Heavy/Power/Classic Metal
    • Thrash Metal/Violent Frequencies/Post Metal
    • Gothic Metal/Doom Metal
    • Dark/Alternative/Folk
  • Articoli e Live Report
  • From the Past

Cerca nel sito

Info

  • Nekrolog
    • Contatti
  • Privacy Policy
  • Recensioni 2025
  • Hot Noize
  • Recensioni
    • Black Metal/Heathen Tones
    • Death Metal/Melodic Death Metal
    • Heavy/Power/Classic Metal
    • Thrash Metal/Violent Frequencies/Post Metal
    • Gothic Metal/Doom Metal
    • Dark/Alternative/Folk
  • Articoli e Live Report
  • From the Past

Cerca nel sito

Info

  • Nekrolog
    • Contatti
  • Privacy Policy
  • Recensioni 2025

The Crown – Doomsday King

Correva l’anno 2010 e si avvertiva nell’aria un certo bisogno del come-back dei gloriosi The Crown (non uscivano allo scoperto dal 2004 con Crowned Unholy). Urgeva per disparati motivi anche se -tirando le somme- Doomsday King non risulta essere così eclatante o speciale come era lecito attendere.

I The Crown dopo il cambio di monicker (per chi vivesse sulla luna i primi due full-lenght portavano il nome allungato di Crown Of Thorns) avevano calato un poker assolutamente pauroso, fra il 1999 (uscita di Hell Is Here) e il 2003 (Possessed 13), quattro dischi che vedevano nascita e sviluppo del loro classico stampo, divenuto nel tempo se non “unico”, quasi. Dopodiché la decisione di sciogliersi per tornare solamente al rintocco del 2010 (più o meno sette anni di assenza) con Doomsday King, un album pieno di “voglia di far male” e forgiatore di quel sound che aveva saputo renderli noti sulla bocca di molti.
I protagonisti d’altronde sono sempre i medesimi, l’unico assente è il buon Johan Lindstrand, assenza non da poco vista l’impronta “acidosa” della sua voce, caratteristica che aveva contribuito non poco all’unicità della loro proposta. Poco male però, a sostituirlo ci pensa in questa occasione Jonas Stålhammar (già con God Macabre e Utumno), una decisione che appare da subito chiara, basterà infatti ascoltare una qualsiasi strofa per capire quanto la scelta sia stata ponderata alla radice, su basi sicure e di livello. Lo scream di Jonas recita così la perfetta imitazione di quello di Lindstrand, questa scelta potrà apparire a molti sbagliata, ma se questo disco finirà per “mancare il decollo” non sarà di certo per colpa della nuova veste canora..

Doomsday King è una specie di auto-tributo, un regalo fatto dai The Crown a loro stessi, sicuramente se li avete adorati esulterete come bambini a cui si è dato il famoso lecca lecca. Lo stile e ogni particolarità della loro arte passata torna in vita, tale e quale a prima, senza fronzoli, esattamente come piace a loro. Thrash/Death grezzo, pazzo e “fuori dalle linee”, dotato di quello spirito rockeggiante che da sempre li contraddistingue per dieci brani che vi tramortiranno, facendovi fischiare a dovere le orecchie.

Il grado di astinenza e quello del ricordo dei lavori passati saranno state armi di valutazione determinanti, che ognuno di noi avrà usato ai tempi della sua uscita, ovviamente se lo paragoniamo ai dischi passati lo scontro risulterà  impari, Doomsday King le prende quasi sotto ogni punto di vista, restando in piedi degnamente solo per i primi corrosivi minuti. Se invece ci fermiamo a ragionare e pensiamo: “meglio averli morti, o meglio averli con questo album sottomano?“; la risposta sarà sempre diversa da individuo a individuo, ma sono pronto a scommettere che in tanti sotto sotto si faranno del sano headbanging spensierato con questo manipolo di nuove “canzonette” (e magari a qualcuno scenderà pure qualche lacrimuccia).

Le prime quattro in scaletta ripresentavano i The Crown in forma smagliante, la title track come nuova hit, mentre le seguenti Angel Of Death 1839 (echi e tributi agli Slayer non solo nel titolo), Age Of Iron (altro clamoroso anthem) e The Tempter And The Bible Black rappresentano l’ossatura “forte” di tutto Doomsday King, poi il disco inizierà un lento ma dignitoso declino. Mi preme comunque citare anche le ultime due From The Ashes I Shall Return e He Who Rises In Might From Darkness To Light, brani incessanti, che non versano il minimo attimo di respiro durante i loro sei minuti di durata.

Evidenza, nostalgia e passione, sono questi i grandi dilemmi di questo rientro.  Alla fine mi sento in qualche modo soddisfatto da questo “gettone discografico” di reintegrazione, in fondo ascoltare i mirabolanti affari della coppia Sunesson/Tervonen non capita tutti i giorni, quindi godiamone nonostante tutto e non buttiamo niente.

  • 60%
    - 60%
60%

Summary

Century Media Records (2010)

Tracklist:
01. Doomsday King
02. Angel of Death 1839
03. Age of Iron
04. The Tempter and the Bible Black
05. Soul Slasher 06. Blood O.D.
07. Through Eyes of Oblivion
08. Desolation Domain
09. From the Ashes I Shall Return
10. He Who Rises in Might – From Darkness to Light

Related posts:

Human Failure – Crown on the Head of a King of Mud Copertina dell'album Doomsday Derelicts per i NachtmystiumNachtmystium – Doomsday Derelicts Centinex – Doomsday Rituals
  • Data dell'articolo
    4 Gennaio 2016
  • Pubblicato da
    Duke
  • Pubblicato in Recensioni, Thrash Metal/Violent Frequencies/Post Metal
  • Taggato con Century Media Records, Doomsday King, The Crown
Articolo precedente: Epheles – Je Suis Autrefois Articolo successivo: Stellar Descent – Fading

CommentaAnnulla risposta

Tema di Anders Norén

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi