Esalazioni mortali fuoriescono da impercettibili crepe nel terreno, è l’ora del death doom, è l’ora dell’esordio per i Temple of Void.
Questi americani non hanno impiegato molto per riuscire a farsi rispettare (basterebbe l’inizio con The Embalmer’s Art per abbassare la testa in segno d’immediata resa), appena un demo nel 2013 (le tre songs sono qui riproposte) per poi partire alla grande con Of Terror and the Supernatural (notato subito dalle attente Rain Without End Records per il cd e la Saw Her Ghost per il vinile, in entrambi i casi limitazioni di 300 copie). Un full-lenght che saprà far parlare e strabuzzare gli occhi agli addetti del settore più negativo in circolazione.
Guardare la copertina è già una gioia per gli occhi (opera di Bruce Pennington, forse un pochino fuorviante nella sua uscita old style se paragonata alla musica che andremo a sentire), l’impronta marcia già ben intuibile grazie a quelle tinte verdi olivastre, poi ci sarà ancora tempo per pochi, pochissimi passi, dopodiché fare dietro front risulterà praticamente impossibile. Le chitarre sono poste di guardia, pronte ad afferrare, catturare e trascinarci in questo speciale girone infernale, un luogo che a discapito delle descrizioni troveremo subitaneamente confortevole, con la voglia di combattere che cesserà misteriosamente d’esistere per lasciare spazio ad una inconcludente voglia di sprofondare chissà dove.
Annullarsi completamente all’abbraccio sonoro costruito con così sordido entusiasmo diventa l’unica opzione possibile, e in conclusione ci troveremo stranamente affettuosi nel ringraziarci per essere stati costretti a prenderla.
Il sound trapassa senza preoccuparsi di stare lì a compiacersi, circoscrive e riempie, cercare di evitarne l’impatto sarebbe solo da stupidi. Of Terror and the Supernatural va vissuto visceralmente, non c’è davvero altro modo di affrontarlo, addentrarsi dentro fino a sparire e diventare parte integrante dello stesso. Death doom dicevamo, e ci siamo dentro fino al collo, perché l’album non ti da modo di decidere quale parte sia dominante, ci sentirete sopra gli Asphyx più lugubri ma anche nomi come Runemagick (certe chitarre con quelle partenze) e Ophis (per i sprazzi liturgici) andranno per la maggiore. Ma quello che deve rimanere chiaro è che si rimane ancorati ad una sorta di limbo, non si sprofonda ne da una parte ne dall’altra (velocità e lentezza estreme non sono prese assolutamente in considerazione), come se fossimo inchiodati, raggelati da una indecifrabile sostanza melmosa.
L’album è bello nella sua interezza, questa volta mi va di lasciarvi solamente qualche indizio sparso:
– Il rallentamento su The Embalmer’s Art
– L’apparato iniziale di Savage Howl (e l’oscura affilatezza posta in chiusura)
– La profondità tangibile avvertita su Invocation of Demise
– Quello che riescono a tirare fuori su Exanimate Gaze (provate a non contorcervi quando parte quel momento lì)
Infine non rimane che sottolineare l’ottima prestazione di Mike Erdody con il suo mortifero e roco growl e una sezione di bassi che oserei definire galvanizzante ed opprimente allo stesso tempo. Non si arriva nel reparto che conta degli hot noize con qualche sciocchezzuola di poco conto (presenti su Beyond the Ultimate e Bargain in Death, ma non è davvero niente di grave), c’è solamente una cosa che non dovrete fare in questo caso ed è lasciarvi sfuggire una qualche copia di Of Terror and the Supernatural, secondo le mie arcane previsioni andranno letteralmente a ruba.
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Riassunto
Rain Without End Records/Saw Her Ghost (2014)
Tracklist:
01.The Embalmer’s Art
02.Savage Howl
03.Beyond the Ultimate
04.Invocation of Demise
05.To Carry This Corpse Evermore
06.Rot in Solitude
07.Bargain in Death
08.Exanimate Gaze