Súl ad Astral – Súl ad Astral

Dalla Nuova Zelanda con malinconia: Súl ad Astral è un esordio da ricordare

Quando si muove la Pest Productions bisogna sempre tenere gli occhi ben aperti, perché la possibilità di scovare qualcosa di eccezionale aumenta clamorosamente. Silenziosamente, ecco piombare su di noi i neozelandesi Súl ad Astral, e tanto per gradire, il prodotto è di quelli ghiotti. Il classico esordio che è “tanta roba”, capace di preannunciare un successo imminente o comunque futuro. Se i ragazzi sapranno mantenere fede a queste – forse premature – aspettative, lo vedremo col tempo. Nel frattempo, non possiamo fare altro che goderci questo esordio omonimo, un lavoro che cresce lentamente, ascolto dopo ascolto.

E pensare che all’inizio ero quasi perplesso. Finivo col pensare: “Sì… bello, ma il solito gruppo che cerca di cavalcare l’onda Alcest e compagnia post-blablà”. Poi, cominci a notare quello stacco, quel dettaglio, quell’eco malinconico e costante. Insomma, il disco inizia a “fare sul serio”, fregandosene di essere un semplice e taciturno album di debutto.

Tra purismo e malinconia: per chi sa perdersi nei sentieri del post-black

Di sicuro, se siete contrari alla contaminazione del black metal con melodie zuccherose (versante “triste andante”), dovrete girare alla larga, fieri e sprezzanti come da tradizione. Se invece siete soliti perdervi in melodie a spirale, con ampie porzioni strumentali a guidarvi lungo sentieri autunnali, qui troverete pane per i vostri denti.

I Súl ad Astral hanno l’innata capacità di far staccare mentalmente l’ascoltatore e trasportarlo altrove (effetto “sognante modalità: ON”). A stupire è l’incredibile linearità del lavoro, che parte in modo inusuale con una strumentale di nove minuti da mozzare il fiato (To Cherish, il suo nome).

Il disco prosegue e termina senza mai mollare la presa, senza deludere o dare anche solo l’impressione di farlo. Non c’è mai quella fastidiosa sensazione di dover “riempire uno spazio a tutti i costi”. Qui tutto giace e respira con naturalezza, tanto che le orecchie si ritroveranno spesso a ringraziare. L’effetto è amplificato da una produzione capace di valorizzare sia il lato sognante/etereo che quello più fisico e terreno, sostenuto da momenti veloci e da un riffing che non sbaglia praticamente nulla. Anche gli interventi vocali appaiono da subito maturi, ben incastrati e funzionali al brano (basti pensare ad Amaurosis, con la sua doppia anima vocale).

Legna, anima e stupore: l’equilibrio fragile di un debutto potente

I Súl ad Astral producono legna in quantità, e quando si incattiviscono, rilasciano pezzetti di anima. Il disco vive appeso alla vibrazione, ed è lì che trova il suo equilibrio, sostenendosi con assidua costanza. Quando si arriva alle due parti di Persona (Lunar / Solar), lo stupore assume connotati quasi ingombranti: i sensi si bloccano, si spalancano, restano increduli. Se i Novembre si concedessero al lato più selvaggio del black metal, il risultato non sarebbe troppo distante da questo disco. Provare per credere.

Una standing ovation – personale e magari solitaria – questi due giovani artisti se la meritano tutta. Davvero: più che buona la prima.

  • 74%
    - 74%
74%

Summary

Pest Productions (2013)

Tracklist:

01. To Cherish
02. Amaurosis
03. In Solitude
04. The Clenching Void
05. The XIXth Wave
06. Mind’s Wanderings
07. Persona I; Lunar
08. Persona II; Solar
09. All the Times… Forever

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