Che gruppo unico e particolare, che pazzi e che discografia!
La completezza che non ti aspetti dalla lontana terra islandese ci ha partorito a suo tempo questi geni, geni che non hanno mai mancano l’appuntamento con il “discone” di turno. Ne era passato di tempo da quel In Blood And Spirit, così capace di portare avanti quell’asticella fatta di ambizione tipica dei gruppi nordici. Passava dunque il tempo (e altri due dischi di valore eccellente), ne passava pure tanto, ma l’ispirazione della formazione procedeva senza timore, senza trovare il minimo ostacolo -da parte nostra- sul proprio cammino.
I Solstafir sono sempre i soliti folli e con la quarta gemma Svartir Sandar ci riempiono di suoni, un’autentica “sbornia” su due cd che vorresti non finissero mai, musica totalmente inedita ed inebriante, fatta per essere “eco” per lunghi giorni a venire. Vogliono scuotere ed emozionare i Solstafir, facendo uso di doti eclettiche fuori dall’ordinario. Squarci melodici pronti a rappresentare un freddo e desertico nord, l’isolamento, la ricerca perenne della fottuta malinconia. Ma di pari passo non mancherà l’aggressività, un aggressività grassa e ritmica, come fuoco che accende e divampa per lasciare poi saltuariamente il posto a tanto altro.
Svartir Sandar è stato (molto facilmente devo dire) uno dei miei dischi dell’anno 2011, l’ho prima preso e divorato, poi ben fagocitato e lasciato a riposo salvo riprenderlo dopo mesi (non vi disco l’effetto). L’entusiasmo è rimasto invariato, quando un disco è così “grande” avverti certamente la necessità di ascoltarlo anche se ti sei prefissato di attendere, e quando ci ritorni riscopri il sapore di “casa”, di una terra spoglia ma tutta tua, dove nessuno potrà mettere mano, becco o bocca.
I Solstafir risultano straordinariamente intimi (basterà ascoltare Fjara, fiammella che non accenna a diminuire con gli anni o la chiusura del primo cd Kukl per rendersene conto), ma oltre a ciò troveremo impatto, un tipo d’impatto ragionato ma propenso al caotico. E’ impossibile cercare di fare paragoni con altro, sono talmente tante le divergenze che confluiscono nella loro musica. Avremo un generico “metal estremo” (sensorialmente “post”), poi rock polveroso, progressive, folk, ambient e sludge, termini che potranno apparire esatti o inesatti a seconda della traccia prescelta.
Straordinaria la prestazione vocale di Aðalbjörn Tryggvason, autentico mattatore dell’opera, la sua prova giostra senza timore fra chiaro-scuri emozionanti e parti spigolose (l’opener Ljós í Stormi varrebbe più di mille descrizioni) senza mostrare mai il minimo accenno d’esitazione.
L’ascolto di questo disco equivale ad una continua esplorazione, i brani vivono la loro vita e le ripetizioni saranno solo un gradevole ricordo per pochi istanti. Tutto questo è indice di una creatività disumana, soprattutto se pensiamo ai 78 minuti complessivi di Svartir Sandar (e a come nessun secondo venga sprecato nel silenzio, o nell’attesa di qualcosa di maggiore importanza).
Svartir Sandar è opera per chi ama la musica, per chi apprezza la ricerca “inumana” della creazione personale, per chi ama l’estremo Nord, il suo freddo e i suoi sfondi incontaminati. Ascoltare questo album è una sorta di personale completamento, quando si giungerà alla conclusiva Djákinn si attuerà una sorta di “rivelazione”, solo a quel punto ci accorgeremo di che razza di viaggio avremo intrapreso, della sua portata e di quella tremenda voglia di sognare e viaggiare ancora che ci lascia addosso.
Solo quando la musica va oltre ogni sterile etichetta del caso si assiste a capolavori inebrianti come questo. Lasciate che a parlare siano musica e vibrazioni, isolatevi e percepirete il “grande disegno” offertoci a questo giro dai Solstafir.
- - 90%90%
Summary
Season of Mist (2011)
Tracklist:
Disc 1 – Andvari
1. Ljós í stormi
2. Fjara
3. Þín orð
4. Sjúki skugginn
5. Æra
6. Kukl
Disc 2 – Gola
1. Melrakkablús
2. Draumfari
3. Stinningskaldi
4. Stormfari
5. Svartir sandar
6. Djákninn