Simeon Soul Charger – A Trick Of Light

Sfumature psichedeliche, rock tecnico e un viaggio praticamente già definito ancor prima di cominciare, è questo ciò che scaturirà da A Trick Of Light, un sottofondo per autentici e piacenti intenditori.

Il terzo album degli americani Simeon Soul Charger è di certo un bel sentire, l’ideale compagnia per ogni possibile/immaginabile tipologia di spostamento, saranno ampie dosi di gioia e “senso sbarazzino” a dominare gli umori tramite una tracklist centellinata con cura, capace di tirare fuori dal cilindro delle comprovate capacità, “trucchi” sempre ispirati, anche quando i Nostri si gettano in un finale “tributo” con la mitica I Put a Spell On You (Screamin Jay Hawkins, 1956), certamente stra-abusata quanto volete, ma ancora capace di diramare quel suo aroma ben distinto (ottimamente violentata anche in questo caso).

Hanno coraggio i Simeon Soul Charger e ce lo dimostrano tramite questi piccoli passi (mattone su mattone, qui più che in altri casi si ha tale sensazione) ottimamente scanditi (l’inizio del disco è per me veramente da urlo, poi magari arriva pure un leggero ridimensionamento, ovviamente tenendo conto di come tecnica ed ispirazione siano abili nel non levarsi di torno tanto facilmente), c’è il coraggio di calpestare il mondo rock progressivo in questo modo, con devozione ma soprattutto attenzione ai particolari. Tutti piccoli gesti che alla fine faranno la differenza perché non si potrà far altro che applaudire e godere con A Trick Of Light, proprio come si fa con quel bicchiere di vino “stagionato” e dall’aroma intenso, che di tanto in tanto ci ritroviamo a sorseggiare.

Per immaginare la loro musica dovrete pensare grossomodo ad un mondo fatto di Led Zeppelin, Pink Floyd e Beatles (a volte emergono i loro tratti più cupi ma è non di certo una legge) unito ad un immaginario stoner abbastanza accentuato. Questi ragazzi si compiacciono e ci compiacciono, ci si fa come dire “l’orecchio”, e chi sa realmente ascoltare si godrà A Trick Of Light in dosi maggiori e magari più letali.

Sicuramente l’acquisto verrà contemplato esclusivamente da vecchi dinosauri incalliti, sarà difatti molto dura per i Simeon Soul Charger estrarre nuova linfa dalle giovini leve (ma mai dire mai, un briciolo di positività ci vuole sempre), ciò sarà imputabile all’attuale incapacità di sapersi godere un buon semplice album (non sono solo gli animali ad estinguersi), dove tecnica e il piacere di suonare vanno perfettamente a braccetto senza mai ostacolarsi.

Cinquanta minuti polverosi ma al contempo stranamente colorati, le canzoni sapranno spargere un solido profumo, e con successivi giri potrebbero stupire ancora meglio (magia!), perché le varie componenti e relative melodie appaiono vive, irrompono dentro con quell’assurda e fertile malinconia.

Chitarre virtuose che a tratti scorticano, voce sinuosa e grande feeling ritmico, ogni reparto “fa reparto” ed emerge con quel tipico sound “heavy” e rock che niente e nulla avrò da temere. L’unico mio rammarico è imputabile a quella leggera flessione che ho respirato nel mezzo (il disco si chiude con l’apoteosi progressiva di Floating Castles), niente che arrivi a compromettere il giusto valore, ma si impedisce comunque quell’incremento che avrebbe portato giustamente A Trick Of Light su livelli realmente “spaventosi”.

Le immagini scorrono, e non stupitevi se dopo scenari sterrati o polverosi ne scorgerete subito altri completamente in fiore. Mie canzoni preferite? The Prince of Wands (A Trick of Light) e una commuovente Evening Drag (autentico delirio, “standing ovation” per la sua parte finale).

  • 70%
    - 70%
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Summary

Gentle Art Of Music (2015)

Tracklist:

01. The Prince of Wands (A Trick of Light)
02. Heavy
03. Evening Drag
04. How Do You Peel
05. Where Do You Hide
06. Workers Hymn
07. The Illusionist
08. Jane
09. I Put a Spell on You (Screamin’ Jay Hawkins Cover)
10. Floating Castles