Senza che ce ne accorgiamo, giorno dopo giorno, il razzismo ci rende sempre più succubi al potere. Sia questo propagandato dall’ avvoltoio Matteo Salvini, dalla macchietta Donald Trump (aspramente criticato dagli stessi indignati che probabilmente hanno ancora appesa in camera la gigantografia di Ronald Reagan) o dal criminale Vojislav Seselj, tende a fotterci, sempre. Ci inchioda in una meschina esistenza fatta di poveretti che se la prendono con chi sta ancora peggio. Qualsiasi notizia, qualsiasi discorso da bar sull’argomento è sapientemente indotto e basato su notizie approssimative, mezze verità, per non dire a vere e proprie panzane.
Gentilissima classe media ormai estinta, cominciate a farvene una ragione: gli immigrati sono parte del nostro stesso carrozzone. Come noi cercano lavoro, da mangiare, di sopravvivere, di dare alla propria famiglia un’esistenza dignitosa. Senza contare che le condizioni peggiori di partenza li rendono ancora più isolati, sfruttati, preda della microcriminalità o disponibili a salari più bassi (schiavitù più o meno legalizzata). E tutti questi pregiudizi social nei loro confronti sono funzionali a non farci lottare per condizioni di vita migliori, evitando così ogni possibile pericolo per quel centinaio di rotti in culo che detengono avidamente ogni tipo di ricchezza.
Profughi, clandestini, rifugiati, richiedenti asilo, parole diverse che nella percezione comune fanno pensare ad intere popolazioni che invadono i nostri territori (sempre più desertificati da questa pluriennale “crisi” che sembra non avere fine) sottraendoci lavoro, case, servizi, e – perchè no? – pure i fidanzati o le mogli (fighe bianche, ndBelloFigo).
Per tutti i galantuomini dotati di una spiccata attitudine di estrema destra (eccolo il vero cancro dell’umanità! ) sono una pericolosa minaccia alla nostra cultura, alla nostra proprietà, alla nostra salute e/o incolumità fisica. Sono spazzatura da rispedire (o aiutare, usando la grottesca retorica mainstream) a casa loro… senza se e senza ma.
Per chi, invece, è mosso da uno sguardo più benevolo (vedi la cosiddetta sinistra da salotto, seconda grandissima sciagura collettiva dopo le vedove dell’appeso nanerottolo mascellone) è necessario essere caritatevolmente tolleranti . Ma la carità, come ben sappiamo, implica sempre un rapporto di assistenza da un soggetto superiore a uno inferiore.
Per tutti, insomma, “il negro” è un urgentissimo problema da risolvere o da limitare all’interno di un sistema mai messo in discussione.
Tali infami posizioni non fanno che riflettere, anche se in modo apparentemente opposto, il punto di vista dominante sulla questione, basato sul dominio del capitalismo e sulla necessità di adattare la vita dell’uomo alle esigenze del profitto.
Nelle torbide acque di questo mare che puzza di morte si inserisce l’esordio solista del livornese Alessio Santacroce (autore, scrittore e chitarrista con una certa esperienza maturata tra vari progetti come Cayenna, Holy Hand Grenade, e naturalmente La Quarta Via). Un rock italiano che porta con se svariate influenze: dall’alternative al cantautoriale, con spruzzatine di post rock, grintoso senza essere eccessivamente duro.
Migrazione dei popoli – si diceva – ma anche dell’anima, dubbi irrisolti ed ansie personali, il tutto arricchito da un linguaggio assolutamente diretto, ma allo stesso tempo profondo ed interiore.
Accompagnato da musicisti di tutto rispetto, il compagno baffuto colpisce subito nel segno grazie alle incalzanti ritmiche de Il Gregge, brano in cui viene esplicitamente descritto il quotidiano lavaggio del cervello che i mass media esercitano un po’ su tutti noi, e La Notte della Repubblica, un passionale inno di denuncia vomitato addosso a chi ha vergognosamente taciuto e insabbiato scomode verità nazionali (il disastro del Moby Prince al largo di Livorno, piuttosto che la macelleria del G8 genovese, o ancora quel nefasto orologio ancora fermo alle ore 10,25 presso la stazione di Bologna).
Clorophille; la quiete dopo la tempesta è rappresentata da questa ballata, dominata dalla personalissima e potente ugola dell’ospite d’onore Vanessa Caracciolo (vocalist dei già citati metallers Holy Hand Grenade), che da il suo preziosissimo contributo anche nel miglior pezzo del lotto, quella Mercante d’Anime che potrebbe diventare l’ideale colonna sonora del freschissimo fermo di Leonardo Sacco e don Edoardo Scordio (fare soldi con i migranti… potevano mancare ‘ndragheta e democristiani? ), e che vede nel mordente riff principale ed in un refrain particolarmente condivisibile (Tutto il nostro disprezzo / per chi gioca con la speranza / di chi è sceso all’inferno / e non riesce più a risalire / tutto il nostro disprezzo / per chi piega la resistenza / di chi ha solo se stesso / e nessuno su cui contare) i propri ineguagliati punti di forza.
L’orientaleggiante melodia di Normandy, struggente antiwar song descritta da un punto di vista piuttosto atipico, apre la seconda parte del disco, caratterizzata da liriche decisamente personali (l’autobiografica Bianco Miope) ed atmosfere spirituali, vedi i cinque minuti finali dell’acustica title track.
Applausi meritati per questo Migras: un acquisto obbligato per chiunque cerchi prima di tutto la consistenza, la profondità del messaggio, oltre che a musica suonata con la tecnica e con il cuore.
Santacroce c’è… sempre.
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Riassunto
Ghost Label Records (2017)
1. Il Gregge
2. La Notte Della Repubblica
3. Clorophille
4. Mercante D’anime
5. Normandy
6. Bianco Miope
7. L’ingiusta Fine Delle Mezze Stagioni
8. La Fiaba Dulcamara
9. Migras