Samadhi Sitaram – KaliYuga Babalon

KaliYuga Babalon è il secondo full-lenght dei russi Samadhi Sitaram, ma è anche un disco che mi mette in seria difficoltà laddove si profila il quesito del “bisogna consigliarlo o meno”. E’ come se un colpo di sciabola mi avesse al momento trafitto in due andando a generare una sorta di lotta all’ultimo respiro tra le fazioni del “pro” e del “contro”. Ma su una cosa le due parti si trovano daccordo, ovvero il dover affibbiare alla parola follia la caratteristica principale del tutto. Gli aspetti “bislacchi” non potranno fare a meno di pungere e balzare all’occhio, pioveranno in continuazione sopra questo mantra sonoro che se ne sta li fermo sulla spalla a morsicarci ogni 2 x 4 co-tanto di bava alla bocca.

I Samadhi Sitaram suonano una qualche fusione di stili che vanno dal death al grindcore passando per le più recenti diramazioni djent e mathcore. La loro musica ci appare secca, chirurgica e brutale, una sorta d’apocalittico e freddo rituale in grado di portarci allo sfinimento (ciò avverrà al 100% con i sedici minuti di Orgy, autentico buco nero pronto a risucchiare qualsiasi cosa graviti lì intorno), soprattutto se non conosceremo il modo adeguato sul “come” fronteggiarlo.

KaliYuga Babalon è come una cascata, non placa mai il suo flusso e quando lo fa ci manda se possibile ancor di più in panne. Si pensi a quell’introduzione melodica e atmosferica, subito spazzata via dalla furia di una Kali Yuga sugli scudi (immaginate di ascoltare i Behemoth sotto acidi). Troveremo bizzarre e pungenti tastiere, intrusioni in 8-bit adagiate a ridosso di un massacro elettrico pronto a frantumare alla sola/bruciante vista.

I Samadhi Sitaram danno davvero l’idea di voler fare tutto ciò che vogliono o che balza loro in testa. Per accorgersene ci basterà ascoltare The Death Of A Stone, un brano super creativo, massiccio e pesante pronto a dirigersi dove più gli preme senza troppo curarsi di chi -come noi- sta dall’altra parte. Ma aldilà delle divagazioni KaliYuga Babalon manterrà un suo stampo abbastanza “fisso”, quantomeno sino al manifestarsi della già menzionata Orgy che definire disturbante è dire poco (menzione particolare alla “declamata” Qliphoth, una di quelle in grado di crescere non poco con i ripassi di rito) e dell’ultima Shangri LA.

Non posso consigliarvi con convinzione l’acquisto di un prodotto così particolare, qui si va a sensazioni e anche se posso dire che le mie virano al netto in campo positivo mi rendo conto che l’approccio potrebbe lasciare di sasso i più. O si è curiosi, resistenti ed intraprendenti oppure  meglio desistere.

Summary

Sliptrick Records (2017)

Tracklist:

01. Intro
02. Kali Yuga
03. The Death Of A Stone
04. Apotheosis
05. Q.Prelude
06. Qliphoth
07. Orgy
08. Shangri LA