Pyre – Chained to Ossuaries

I russi Pyre e il loro death metal atto II.

La seconda prova prende il nome di Chained to Ossuaries e se il precedente Human Ecatomb (2014) potevamo considerarlo come il Left Hand Path della situazione, il nuovo arrivato può benissimo rappresentare la loro controparte a nome Clandestine.

Nasce così, con un parallelo con la discografia Entombed quest’umile analisi su Chained to Ossuaries, disco che ci conferma i Pyre come assoluti protagonisti della scena death metal che oggi conta. Se Human Ecatomb aveva il solo fine di razziare il possibile ed immaginabile, il nuovo nato pensa senza dubbio al “fattore crescita” (e quando l’aspetto viene “seguito” in maniera adeguata i risultati non possono che giungere trionfali). E crescono bene questi Pyre, così tanto da riuscire ad alzare la già alta asticella impressa a ferro, morte e fuoco dal debutto.

D’altronde hai vinto alla partenza quando mi decidi di iniziare il disco con un pezzo assurdo come Impaler the Redeemer (quanto adoro quella strofa interrotta e lasciata andare). Il brano riesce ad esplodere al massimo delle potenzialità, così tanto da diventare –ipoteticamente- fonte d’invidia per grandi e piccini. Mattanza assurda, tremendamente efficace che finisce per rappresentare il preludio ad un disco solido e davvero tanto maturo.

I Pyre mantengono inalterate le radici legate allo swedish death metal ma finiscono a rafforzarlo con spessi e trascinanti rallentamenti in pieno stile Asphyx (gettatevi sulla title track e Crown of Death per capire al meglio anche se lapilli sono sparsi un po’ ovunque). Sarà proprio a ridosso di questi che si giocheranno i momenti cruciali in postazione di ascolto. Potreste forse non approvare la scelta fatta dai ragazzi di San Pietroburgo, ma è stata questa la direzione di maturazione o meglio di crescita che la band ha scelto di intraprendere, e io mi sento di promuoverla al 100%.

Chained to Ossuaries ha tiro ed è trascinante, i suoi 41 minuti scorrono lisci e veloci tanto da lasciar sgattaiolare nell’etere desideri di volerne ancora. Nella prima metà verranno riservati i capitoli considerabili come “tradizionali” (anche se verso la fine c’è la non trascurabile Disgraced And Dethroned dal grande riffing), nella seconda si apriranno sovente spazi dedicati ad un certo rallentamento. Il pastone che ne salterà fuori risulterà però coeso, senza mai dare quell’idea di essere al cospetto di due parti distinte e separate.  

Si avverte crescere e il formarsi di una certa maturazione, ma questa nasce dalle fondamenta e di certo non ha intenzione di dimenticarle o abbandonarle in modo sciagurato (anzi le rafforza!), episodi come Wreath of Crucifix, Across the Shores of Emerald Fractals e Ornaments of Bones ne sono dimostrazione evidente.

Sana goduria proviene anche dalla produzione, dai suoni e da quella batteria (suonata dal bassista/cantante Dym Nox) che non fa cose di certo incredibili ma alla quale non puoi infine che voler bene. Ottima anche la sezione assoli, bene incastrati sul pezzo e atti ad impreziosire la manovra senza “zavorrarla”.

Abbiamo aspettato sei anni ma adesso possiamo gioire, persino immaginare le future meraviglie da parte di questo magico terzetto.

77%

Summary

Memento Mori (2020)

Tracklist:

01. Exordium
02. Impaler The Redeemer
03. Wreath Of Crucifix
04. Across The Shores Of Emerald Fractals
05. Ornaments Of Bones
06. Chained To Ossuaries
07. Crown Of Death
08. Disgraced And Dethroned
09. Antae To The Nothingness
10. Death’s Dawn Call

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