Redemption è il quarto disco per i polacchi Preludium, il più death che black della loro discografia, che si presenta fin da subito come un lavoro di alto livello. Maestoso, fiero, portatore di furia, devastazione e carestie. Un concentrato di riff suonati “a testa bassa”, concepiti per spezzare ogni tentazione di facile melodia come comoda alternativa.
Il bello di Redemption sta nell’approccio. Fin dall’inizio ti fa intuire chiaramente le sue intenzioni. È evidente che ci troviamo di fronte a un prodotto serio, concepito con un obiettivo preciso, una destinazione ben definita dove far esplodere i più oscuri e mistici impulsi brutali. Tutto è stabilito, e tutto funziona maledettamente bene, perché l’album non concede tregua, riuscendo a tenerti agganciato a un filo conduttore costante. Un uragano di chitarre attinge ispirazione da oltreoceano (Immolation, Morbid Angel), senza però dimenticare le radici e il classico assalto death/black polacco, di cui la band si fa orgogliosamente portavoce.
La produzione è ruvida come una crosta da grattare via. Il basso pulsa e disturba, le chitarre affilano e corrodono (spesso tramite l’uso della dissonanza), mentre la voce – i testi sono opera di Kunal Choksi, boss della Transcending Obscurity, ispirato per l’occasione agli scritti di Paramahansa Yogananda – cala un velo mistico e blasfemo sull’insieme. Profonda e rivelatrice delle menzogne che quotidianamente ci vengono imposte.
I Preludium possiedono un forte senso di trasporto e con Redemption lo dimostrano. Riescono a trascinarti con sé in ogni momento, anche quando il brano, di per sé, non lo richiederebbe esplicitamente. A volte si concedono deviazioni più ampie (vedi Soul Torment e Incarnations), ma senza mai spezzare quel sottile filo di disagio che permane, come un compagno sibilante e costante al tuo fianco.
Su un punto Redemption è chiaro fin da subito: il suo valore. Spesso si tentenna sul voto da assegnare, si soppesano pro e contro con la lente d’ingrandimento, senza però arrivare a una vera soddisfazione. Qui invece no. So esattamente dove collocarlo. L’album si guadagna un posto privilegiato, a un passo – anzi, passo e mezzo – dai capolavori, lasciandosi alle spalle, e di molto, la soglia della sufficienza.
I danni sono concreti, la missione “cervello scardinato” perfettamente compiuta. L’impatto si avverte fin dal primo ascolto, e non potrà che crescere nel tempo. I Preludium mandano a quel paese ogni congettura, e quando li ascolti, non riesci proprio a pensare ad altro.
Le “seghe mentali” sull’innovazione restano lontane anni luce. Arrivi a pensare solo alla musica, a come arriva, a cosa ti sta provocando in quell’istante. Così, mentre mi attraversa, mi ritrovo a rimuginare “quale cosa migliore potrebbe mai succedere?”
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73%
Riassunto
Transcending Obscurity (2014)
Tracklist:
01. Soul Torment
02. Altars Of Redemption
03. Incarnations
04. Root Of Suffering
05. Circle Of Life
06. The Seven Gates Of Hell
07. Destiny Of Mortals
08. Arena Of Souls
09. Hatred Breeds Suffering
10. Sins Of Mankind