Malinconia autunnale scende in cattedra, al “potere” con un ritorno discografico a nome October Falls, The Plague of a Coming Age ci piazza in stato di riflessione davanti ad un “cambiamento”, lo spirito non lo vuole realizzare, ma gli occhi non possono fare a meno di osservarlo. Così, alla fine la cosa migliore è sempre quella di trovare rifugio nella natura e nella sua sempre più sperduta e lontana magia, solo a quel punto un disco come questo potrà sbocciare in tutto il suo orgoglio sensoriale.
Lenta atmosfera che si abbevera in formule melodic black metal, la musica degli October Falls è, rimane, e molto probabilmente sempre sarà una forte e costante fonte di vibrazione, la ricerca di verità nascoste e l’esaltazione dello spirito quieto e triste che alberga in ognuno di noi. Non mi servono nemmeno etichette, o definire quanto o meno estremi possano risultare all’orecchio, October Falls compone per mezzo di sensi ed intuizione e lo si capisce già ad primo e “frugale” passaggio, ma nonostante ciò non vi sarà facile entrare in confidenza con le diverse composizioni (che messe assieme formano un blocco notevolmente “vasto”), perché se sarà facile ricevere un dato mood, non sarà altrettanto facile oltrepassare la soglia della “comprensione totale”. C’è sempre qualcosa di “impalpabile” a regnare su queste note, un qualcosa che il ricordo non riesce a fare completamente suo, e allora si scava ancora e ancora, ed è bello scavare, è bello sembrare di riuscire a comprendere il tutto senza potere “contenerlo”. Flusso ipnotico spezzato dagli interventi puliti di Tomi Joutsen (singer degli Amorphis) che fa la sua comparsa su title track, e nella realmente speciale e unica Boiling Heart of the North (cercare di descriverla mi porterebbe alla ormai inutile esaltazione). Il resto è dominato dal “grattato” e adagiato scream di M.Lehto, che in qualità di delicato velo cade nelle nostre stanze, ideale accompagnatore di quella nebbiolina posizionata ad hoc dalle chitarre.
Non fermatevi al primo ascolto (e nemmeno al secondo, al terzo), ad esempio io ero inizialmente molto scettico, pensavo “si bello, ma non eccezionale”, ma poi The Plague of a Coming Age senza troppe avvisaglie è esploso, ed io posso solamente rimanere fermo a ringraziare Lehto per questa ennesima gemma nordica. Musica atta a “placare”, musica che arriva solo nel momento giusto per confortare, anche se a volte dominerà un inquietante stato onirico. La produzione lascia molto ad intendere, da un lato espone la sua freddezza, mentre dall’altro pensa ad esprimere solo la giusta profondità. Inutile stare a perdere tempo con la tracklist in mano (anche se per me Boiling Heart of the North un affresco speciale rispetto alla rimanenza, troppo magica per quanto mi riguarda), se vi piacerà un piccolo frangente imparerete ad amarlo tutto questo disco.
Prendetevi dunque tutto il tempo che occorre (armarsi di pazienza si dice) e cercate di vivere al meglio questo viaggio, possibilmente da soli, come ci mostra quella figura di copertina (che purtroppo non riesco ad apprezzare quanto vorrei), cercate senza paura l’incontro/scontro con la malinconia, e vedrete che sarete ricompensati a dovere. Inaspettatamente, tremendamente intimo.
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Summary
Debemur Morti Productions (2013)
Tracklist:
01. At the Edge of an Empty Horizon
02. Bloodlines
03. The Verge of Oblivion
04. Snakes of the Old World
05. The Plague of a Coming Age
06. Mouth of a Nation’s Harlots
07. Boiling Heart of the North
08. The Weight of the Fallen
09. Below the Soils