Nethermost – Alpha

Copiare, quest’arte sconosciuta! Voi da che parte state? Se per voi scopiazzare altrui formule è utile quanto uno spazzolino da denti già usato sarà inutile e controproducente proseguire nella lettura. Se invece siete fra quelli che traggono un proprio utile dai “gruppi clone” potreste anche avere la speranza di affondare radici tra le note dell’ep di esordio dei Nethermost.

Uno sprofondare quantomai piacevole per gli estimatori del sound triste e cupo concepito dai Katatonia anni fa, non esattamente ciò che il gruppo è diventato oggi, bensì ciò che erano qualche tempo prima. Inquadrerei l’ep Alpha come l’ideale congiunzione fra il sound di Brave Murder Day e quello più “canzoniere” di Discorauged Ones. I Nethermost sono Americani (avrebbero fatto più clamore se non ci fossero già stati i Daylight Dies) e non hanno paura di affidarsi completamente al “giudizio dei sensi”, riporre non-speranze ad un epoca ormai passata che loro sembrano far rivivere con efferata facilità. Per ora ai Nethermost non importa del “grande pubblico”, le voci pulite non sono affatto contemplate per lasciare spazio ad un sentimentale growl, “burattinaio” su note perennemente plumbee e nefaste (capace di ricordare l’operato di Mikko Kotamäki degli Swallow The Sun). Puro trasporto emozionale attraverso quattro pezzi che non mostrano mai lati deboli. Ho sempre trovato difficoltà nel mettere in parole il genere che suonavano inizialmente i Katatonia, ora sembra che lo chiamino melodic death/doom, per me resta un qualcosa di altamente indefinibile. Ma l’importante è la musica, e questi scarsi venti minuti sono un premio per chi ha lottato e lotta tutt’ora attraverso l’emersione delle emozioni, a fronte di ogni cosa materiale e non. Un addensarsi di nubi all’orizzonte anticipa l’avvento di queste note che sono -se siete in linea con me- un puro regalo inaspettato, uno splendore grigio in grado di catapultarti a quando ancora si era innocenti ed inconsapevoli di come certa musica sarebbe stata rimpianta nel tempo a venire.

Non c’è veramente un solo passaggio sottotono (una volta scelto l’obiettivo perseguilo e vedrai che non sbaglierai), è tutto splendidamente lineare nella sua strana dose di “forte apatia” che poi in fondo così apatica non è. L’ascolto passa così in fretta da far male, addosso rimane la sola speranza di poter schiacciare nuovamente play, annessa a quella di poter sentire al più presto nuovo materiale, nuove cose da questa creatura partita così “tragicamente” bene. Anche la produzione (ma sembra sottinteso ormai) da parte sua contribuisce a fornire quell’essenza chiusa e soporifera, fondamentale ai fini della creazione e completamento dell’atto nostalgico, una stretta morsa respirabile attraverso ogni angolo di Alpha. Non mi rimane altro da chiedere se non: “a quando la prossima dose?“.

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Riassunto

Autoproduzione (2012)/Hypnotic Dirge Records (2013)

1.Phasing Currents
2.The Untroubled Kingdom of Reason
3.Tower of the Winds
4.Dance of Burning Beasts