Muon – Gobi Domog

Primo disco per i veneti Muon. Un primo passo che non vuole di certo nasconderci una pesantezza più viva che mai, materia che si attacca allo stomaco con rude e fumosa forza.

E’ un tumultuoso metodo d’azione quello adoperato dai Muon, i ragazzi non conoscono il termine “cincischiare”, sanno invero dove mettere mani e bisturi per calzare al meglio tracotanti sembianze stoner/doom psichedeliche. Ma sarà grazie alla ruvidità di fondo e al sound sporco e grezzo che sapranno infine come catturarci. Le chitarre diventeranno onde informi e immersive, evidenziate a dovere da una produzione calzante nei suoi ciondolanti riverberi.

Gobi Domog imbastisce un ambiente preciso, delineato con gusto, come se fosse il ricordo di un sogno ancora vivo. Capiremo molto dalla presa visione di un disegno di copertina assolutamente impattante, un biglietto da visita abbastanza chiaro, pronto a darci il benvenuto dentro un mondo informe e onirico, fortificato da una prestazione vocale che partirà “classica” (bellissimi i versi di Neverborn, agili nel rimanere attaccati nel loro spargimento di rancore) prima di “testare” una sorta di esplorazione che toccherà un proprio apice durante l’esecuzione di una titanica e scorbutica Stairway To Nowhere.

I Muon elaborano strutture solide e mutevoli, non cambiano il passo ma modificano come dire “il tocco”, provate ad esempio ad ascoltare la prima Neverborn e l’ultima The Call of Gobi una dopo l’altra e capirete il tipo di mutevolezza al quale sapranno sottoporci.

Gobi Domoz è solido, è il classico album che non puoi scalfire (e nemmeno ti può venire in mente di farlo), quello con cui devi scendere a patti per il bene comune. La sua durata di 41 minuti però ci viene incontro, ci permette di inquadrare meglio i quattro pezzi principali, di carpirne l’essenza e la magia ruvida sprigionata con strumenti che sembrano provenire veramente dalla stanza a noi limitrofa.

I Muon suonano ancora “classici” ma qualcosa di strano nuota, sguazza e cova all’interno della loro musica. Se questo qualcosa verrà liberato probabilmente rivoluzionerà drasticamente le carte in tavola; ma questi sono sono i miraggi, i frutti dati dall’esposizione alla loro proposta da parte di uno stolto scribacchino. Tuffatevi dentro questa vivida allucinazione, non ne uscirete delusi ma anzi, quasi certamente arricchiti, appagati, e perché no, pure “incazzati”.

70%

Summary

Karma Conspiracy Records (2018)

Tracklist:

01. Intro (I Feel Doomed)

02. Neverborn

03. The Second Great Flood

04. Stairway To Nowhere

05. The Call of Gobi