Che carriera, e quanta classe (ma che ve lo dico a fare) quella degli australiani Mournful Congregation con questo The Book Of Kings. Il gruppo ha da sempre snocciolato perle di inestimabile valore, poco importa se sotto forma di full-length o in split e raccolte dalle fattezze più concise.
Ogni volta che ci si imbatte nel loro funeral doom, è impossibile sottrarsi a una glorificazione tanto inevitabile quanto, all’apparenza, “banale”. Occulti, sacrali, epici, classici (sottolineiamolo sempre), senza mai rinunciare a una cinerea melodia di fondo. Ogni elemento è presente nel loro prezioso sound, ogni sfumatura è amplificata con discrezione, forgiata come solo menti sapienti sanno fare. Come vecchi e pazienti artigiani della sofferenza, i Nostri costruiscono composizioni mai banali, arricchite da piccole ma minuziose variazioni che rendono l’ascolto più accessibile di quanto potrebbe sembrare a una prima, fugace immersione. Il tutto, naturalmente, nonostante la durata media dei brani.
A The Book of Kings bastano quattro composizioni per sedurre, devastare e infine ammaliare. Si parte con i venti epici minuti di The Catechism of Depression (culminante nel finale: “Impure is the secret that all men speak… Impurity is the secret…”), per poi attraversare la doppietta (ventiquattro minuti in totale) formata da The Waterless Streams e The Bitter Veils of Solemnity. Due tracce diverse, che richiedono un ascolto più attento rispetto ai brani di apertura e chiusura. La prima ti lascia senza fiato grazie alle sospensioni chitarristiche, la seconda è un cantilenante, acustico sussurro. Succede anche questo con i Mournful Congregation: in un mondo a parte come il loro, i brani più brevi possono rivelarsi anche i più criptici.
Ed è proprio la title track, The Book Of Kings a chiudere questo disco ingombrante dei Mournful Congregation. Si parla di un’autentica colata di cemento armato. Questa volta i minuti scorrono fino a superare abbondantemente la mezz’ora, durante la quale si vive ogni tipo di sensazione cupa e annichilente, ma anche una certa forma di rinascita. Vibrazioni costanti, disperazione viva spezzata da ritmiche premurose nel dare respiro a ogni riff: l’ambiente diventa fragoroso, ricolmo di mestizia.
Il peggiore errore che si possa commettere, prima di affrontare The Book of Kings, è considerarlo un ostacolo. Certo, l’ora e sedici minuti di durata complessiva non agevolano l’approccio, ma chi conosce le capacità e la “brillantezza” della formazione australiana saprà andare oltre fin da subito, per poi scavare a fondo con gli ascolti successivi. Alla fine, il vero trionfo sarà riuscire a modellarlo sulle proprie esigenze. Solo allora si potrà dire di aver scardinato – forse con negligenza, forse con ostinazione – le difese che i Mournful Congregation ci hanno posto davanti, furbescamente, per l’ennesima volta.
A loro basta uscire allo scoperto per un brevissimo periodo, riversare la solita dose essenziale di sofferente lentezza, e poi tornarsene al sicuro nel proprio nascondiglio, lontano da tutte le banalità del panorama musicale. Acclamati, glorificati, come è giusto che sia. Con loro, è inutile disquisire su quale uscita sia migliore o peggiore: ognuno avrà le sue predilette, ma sono tutte da possedere.
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80%
Riassunto
Weird Truth Productions (2011)
Tracklist:
01.The Catechism of Depression
02.The Waterless Streams
03.The Bitter Veils of Solemnity
04.The Book of Kings