Un disco “che ci prova” e che non fa nulla per nasconderlo. I Leaves’ Eyes senza Liv Kristine spingono con maggior forza sul pedale dell’immediatezza, di un’armoniosa fluidità e della ricerca spasmodica della canzone semplice, “arraffona” e sempre indolore. Insomma, c’erano tutti gli indizi per una grande e cocente delusione e invece…..Invece io lascio volentieri le critiche agli altri poiché a me questo Sign of the Dragonhead è piaciuto e neppure poco.
E non a caso mai stati così Nightwish i Leaves’ Eyes; una volta la band finlandese la si poteva respirare in più occasioni durante quei brani diciamo alla Whishmaster (la canzone) presenti nelle ultime produzioni, ma qui si fa un procedimento un pochino inverso, si abbandona ovvero quella caratteristica per andare a inglobare il resto dello sfarzoso dna della band di Tuomas Holopainen. Il tutto verrà filtrato con quel sapore epico/vichingo alla Leaves’ Eyes ovviamente, e fra le differenze non possono non essere menzionate le solite intrufolate di Alexander Krull, mai troppo invadenti come da usanza ma validi “ritocchi” e importanti sostegni per la voce della debuttante Elina Siirala. E qui non si può non parlare dell’importante cambio al timone vocale, uno di quelli che non reputi realmente possibili ma soprattutto uno di quelli tanto difficili da digerire (nel piccolo sembra di essere tornati al dopo Tarja in casa Nightwish), soprattutto per chi è fanatico della band. Sostituire una voce iconica non è mai affare semplice e la gente è sempre più propensa a saltarti alla gola piuttosto che starti veramente a sentire, ma Elina è semplicemente diversa rispetto a Liv (più forza, meno dolcezza) e il primo disco di un “dopo terremoto” lascia sempre straniti come è giusto che sia (è l’abitudine che se ne và). In fondo, scopriremo appieno l’importanza di Elina solo nel prossimo ed eventuale lavoro. Per adesso, dopo il normale smarrimento iniziale posso dire di essere contento della sua prestazione, cosa che probabilmente ha generato quella sorta di “accesa semplicità” avvertita sui brani presenti in tracklist, nessuno escluso.
Sign of the Dragonhead spara una prima parte avvincente e sufficientemente varia durante le prime tre cartucce. E’ così che Title track, Across the Sea e Like a Mountain si prenderanno l’album sulle spalle con modo e velocità diversa, assieme a loro non posso che menzionare Fires in the North (con un refrain “che tutto si piglia”), brani che traineranno il tutto verso una rimanenza tutt’altro da scartare.
Trabocca il miele è vero, ma con lui troveremo anche la giusta e necessaria forza e un composto songwriting che cerca appigli per quanto possibile diversi. Rimangono stampate in testa le melodie della title track, il coro di Across the Sea o il refrain di Like a Mountain. A seguire ci saranno gli ottimi sipari portati da Jomsborg (ottimo il lavoro su strofa-ponte-ritornello) e Völva prima della corale e folkeggiante Riders on the Wind. Fairer than the Sun è una dolce ballad atta a spezzare il ritmo prima del rush finale rappresentato dall’anthem Shadows in the Night (si parlava di Nightwish?) e dalla strumentale Rulers of Wind and Waves, ideale apripista della già menzionata Fires in the North e dell’ultima ed epica Waves of Euphoria (otto minuti che ben chiudono la navigata).
Sign of the Dragonhead aldilà della sua semplicità saprà come crescere negli ascolti, ve ne accorgerete quando certe melodie arriveranno alla vostra testa qualche attimo prima del loro effetivo passaggio.
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Summary
AFM Records (2018)
Tracklist:
01. Sign of the Dragonhead
02. Across the Sea
03. Like a Mountain
04. Jomsborg
05. Völva
06. Riders on the Wind
07. Fairer than the Sun
08. Shadows in the Night
09. Rulers of Wind and Waves
10. Fires in the North
11. Waves of Euphoria