Krieg – The Isolationist

Mi aspettavo grandi cose dai Krieg, una band che si arriva presto ad amare o odiare senza mezze ragioni. Sotto certi versi una mosca bianca nel panorama black metal americano. Non sempre il leader Imperial ha rilasciato cose interessanti, ma anche quando non “becca” l’album giusto, riesce comunque a conferire alla sua musica un fascino malsano, schietto e del tutto particolare.
Questo vige (è bene sottolinearlo) su The Isolationist, disco che segna anche l’approdo sicuro alla corte di Candlelight Records.

Il disco in questione è -nemmeno a dirlo- di chiaro stampo Krieg, se li avete seguiti sino a prima non sussiste proprio alcun motivo per dover smettere adesso. Per quanto mi riguarda e purtroppo, The Isolationist rappresenta allo stato attuale una mezza occasione sbagliata, magari piacerà a molti (il full è prodotto da Sanford Parker e risulta scontato affiancarlo alle ultime cose di Nachtmystium e Twilight), ma non potevano tirare fuori disco più complicato di questo in un momento forse cruciale della loro carriera (e pensare che la copertina è invece una delle migliori).

The Isolationist mi è parso “bruttino” e privato di un senso dell’orientamento sin da subito. Non ho voluto credere alle mie orecchie e ho continuato ad ascoltarlo assiduamente, ma ogni volta il risultato era puntuale ed inplacabile. Impatto deludente e parecchi punti di domanda a sorgere come spettri subito dopo.

Imperial questa volta ha reclutato Chris Grigg (Woe, Algol e The Green Evening Requiem) alla batteria, Wrest (Leviathan, Lurker of Chalice) al basso e il fido Joeseph Van Fossen alle chitarre. Di sicuro non è da ricercarsi nella line up il possibile “non funzionamento” dell’album, tutto è suonato come deve essere suonato e le canzoni sono secche e aride come da tradizione. Il problema sono proprio i brani, appaiono spenti e privi di quel barlume compositivo “accettabile”, questo nonostante il disco tenti di essere volutamente impervio e dissonante.

Staticità e blasfemia vengono proposte sotto l’effetto di ricette casalinghe su No Future (pollice in su) e Photographs From An Asylum (qualcosa in questo pezzo non riesce a prendermi completamente). All Paths to God è invece dissonanza piatta, apatica, anche se fortunatamente il finale risulta azzeccato e riesce a dare un senso a tutto il pezzo per il rotto della cuffia.

L’isolamento è cercato e trovato, devo dire che a modo suo esprime del fascino (il lato negativo che parla subdolamente), non mi spiego  logicamente in altri modi la maniera con la quale cerco di trovare un filo conduttore in Ambergeist e Depakote, frustate misantropiche altamente annichilenti. Depakote nella parte centrale riesce anche ad essere disturbante come solo il “buon” noise sa fare.

Le urla di Imperial sono come sempre dure da digerire, laceranti, grattate ed infette come le canzoni da parte loro richiedono, il suo modo di affrontare e manipolare le strofe ha il solo obiettivo di renderci la vita più difficile (e così va accettato). Religion III è una strumentale abbastanza inutile, mentre Blue of Noon torna a dispensare incubi con il suo tappeto fatto di rumore su andamenti dapprima lenti e poi rapidi. Più ci addentriamo su The Isolationist e più crescono sensazioni opprimenti e fastidiose, con Decaying Inhalations mi ritrovo praticamente senza un briciolo d’aria limpida da respirare.

Mi ripeto forse nel dire che se era questo che voleva ottenere Imperial devo dargli merito di averci preso in pieno.
Seppur a modo suo, …And the Stars Fell On concede qualche attimo di fetida ripresa, giusto prima di tramortire definitivamente con i maldestri effetti riposti nel finale. La seguente strumentale -dai toni claustrofobici- intitolata Remission complica ancora la situazione prima di liberare l’ultima Dead Windows e la sua pura ed incontaminata essenza Krieg.

Forse dovrei votare insufficientemente The Isolationist, anzi la base di partenza era proprio quella. Però ho ancora troppi punti interrogativi in testa e questo potrebbe solo voler dire che il tutto sta lentamente maturando con un procedimento quantomeno singolare (verso quale direzione non è dato saperlo). Non posso arrivare a consigliarlo a qualcuno, viceversa se appartenete a quella razza strana e pazza d’individui, un pensierino fatecelo pure.

Summary

Candlelight Records (2010)

Tracklist:

01. No Future
02. Photographs from an Asylum
03. All Paths to God
04. Ambergeist
05. Depakote
06. Religion III
07. Blue of Noon
08. Decaying Inhalations
09. …and the Stars Fell On
10. Remission
11. Dead Windows