Kozeljnik – Deeper the Fall

Kozeljnik – Deeper the Fall: black metal serbo tra spirito selvaggio e ricerca

Secondo album per i Kozeljnik. I serbi tornano a farci riflettere su quanto poco prolifico sia il loro Paese in termini di uscite discografiche. Allo stesso tempo, però, contribuiscono a mantenere alto il livello qualitativo della scena. Non a caso, dietro queste formazioni si celano quasi sempre gli stessi volti: nei Kozeljnik troviamo Marko Jerković (già nei May Result e The Stone) e il batterista L.G., attivo anche nei Dead Shell of Universe (già ottimamente trattati su queste pagine).

Lo spirito selvatico tipico del black metal di quest’area geografica è stato, anche stavolta, fortunatamente preservato. Tuttavia, Deeper the Fall mostra una chiara volontà di allargare l’orizzonte sonoro, grazie a un sound insolitamente caldo e avvolgente. Il merito va a una produzione curata, capace di far vibrare gli strumenti in modo efficace, e a un cantato personale e fuori dagli schemi, che potrebbe ricordare Attila Csihar o la ritualità degli ultimi Deathspell Omega.

L’album si presenta bene anche dal punto di vista estetico, con un artwork capace di catturare e rappresentare il contenuto musicale. Il tema dominante è una follia oscura, carnale, avvolta da una spirale solida e inesorabile che sembra volerci impedire ogni via d’uscita.

Analisi traccia per traccia: sei brani, sei viaggi nell’abisso

The Truth Is Death apre il disco con un riff che potrebbe essere uscito direttamente dagli ultimi Satyricon. Un avvio heavy, roccioso, che poi lascia spazio a ritmiche più sostenute. I Kozeljnik rallentano e accelerano con classe, dando risalto a un basso che arricchisce ulteriormente un sound già di per sé molto buono. A mio avviso è il pezzo ideale per aprire il lavoro: mostra fin da subito le caratteristiche chiave che emergeranno man mano, generando una forte curiosità per il resto dell’ascolto.

Con The All-Consuming, i serbi rendono omaggio ai Deathspell Omega senza però scadere nella loro tipica cerebralità. Permane una certa somiglianza con i Satyricon, favorita anche dallo stile di L.G., evidentemente debitore di quello di Frost. Tutti i sei brani del disco superano agilmente i sei minuti di durata. Questa caratteristica, unita a un cantato “che deve piacere” e a strutture poco immediate, rende l’album ostico ai primi ascolti.

È un disco da riascoltare, magari anche controvoglia, per coglierne la reale qualità. È quanto mi è accaduto con Void to Final Consumption: un brano che inizialmente mi era sembrato fiacco, ma che alla lunga ha finito per conquistarmi con il suo incedere e con un momento vocale epico che resta decisamente impresso.

La title track, con i suoi nove minuti, è la più lunga e non a caso si trova nel cuore del disco. La litania che fa da ritornello entra subito in testa. Qui si incrociano le suggestioni già menzionate con quelle degli Emperor, anche se senza l’uso delle tastiere: l’atmosfera viene cercata con altri strumenti.

Dopo il brano più lungo e contorto arriva quello più breve ed “easy”: Breeding the Apocalypse distrugge in appena quattro minuti, senza snaturare lo spirito dell’intero lavoro. Il finale, affidato a A.O.T.U., vede la voce assoluta protagonista. Una prova mostruosa e magnetica, capace di spingere a premere “play” un’altra volta, con la curiosità pronta a esplorare di nuovo questo disco complesso e stratificato.

Deeper the Fall è un capitolo da provare anche per chi solitamente non si avventura nei meandri dell’underground. Forse non colpirà tutti, ma sono certo che le poche individualità disposte a riceverlo finiranno per amarlo intensamente.

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Summary

Paragon Records (2010)

Tracklist:

01. The Truth Is Death.
02. The All-Consuming
03. Void to Final Consumption
04. Deeper the Fall
05. Breeding the Apocalypse
06. A.O.T.U.

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