E fanno sei, sei dischi di melodia nordica, sei dischi che puntano a smuovere, ma anche a guardarsi costantemente dentro. No, non li cambi tanto facilmente gli Insomnium, ed è così che lentamente realizzi di volerli, sin dal primo momento in cui capisci quanto sotto-pelle ti siano entrati con il loro metodo, con la loro musica che sa di sogno notturn0.
E pensare che l’approccio con Shadows of the Dying Sun è stato tutt’altro che entusiasmante (più cose del genere in futuro, grazie!), tutto si è protratto a scoppio ritardato e con addosso paure che non avevano motivo di essere. Potrei usare come metafora di tali “paure” proprio il brano utilizzato come video ufficiale, While We Sleep (che successivamente è diventata quasi la mia preferita, ma “molto quasi” perché non lo so nemmeno io quale sia effettivamente), ai primi ascolti non mi catturava, mi faceva fare pensieri del tipo “ecco li, la voce pulita sarà protagonista e snaturerà il loro sound” oppure “ecco li, dovevano cedere a livello di songwriting prima o poi”.
Persino i primi due ascolti interi del tutto mi hanno lasciato con un “meh” grosso come una casa sopra la testa, poi di colpo la folgorazione, inevitabile ed incredula, e di seguito un severo esame di coscienza per non aver compreso prima l’enorme valore del nuovo arrivato. Ma in fondo è più bello così, ci vogliono di queste esperienze, soprattutto quando ti confronti con musica dall’alto tasso melodico che dovrebbe spiegarsi in un tutt’uno fin dal primo ascolto.
Così non accade con gli Insomnium e non può non essere un caso, vogliamo accusarli di non saper oltrepassare un certo gradino evolutivo? possiamo anche farlo (però attenzione a non rimanere schiavi di certi concetti, sia da una parte della barricata che dall’altra), ma siamo sicuri che a loro ne importi qualcosa? Io nella loro discografia vedo solo un unico grande fine, un procedere deciso, vero, di un percorso che vuole esattamente quello e nulla più, un prodotto finito che cerca continuamente di affilare la propria lama di volta in volta, soprattutto un qualcosa che lì vuole restare perché lì a trovato il suo idoneo e protettivo rifugio. Solo se si arriva a questo grado di confidenza con la loro musica, o si giunge a capire un concetto tanto semplice quanto in fondo-fondo selettivo di sgomberare la testa da inutili congetture potremo goderci a piene forze Shadows of the Dying Sun, e parlo sia da loro grande seguace che da perfetto sconosciuto che cerca di consigliare un lavoro meritevole di umile attenzione.
Lo so, con loro sono di parte, devo anche dire che gli Insomnium più di altri mi fanno spesso domandare: “come diamine possono non piacere a qualcuno?“, poi mi rifugio nel più classico “beh, ma non siamo tutti uguali” e il gioco finisce anzitempo lì.
La produzione tende al rimbombo e alla amplificazione dei sensi, le chitarre si arrampicano continuamente su muri melodici sempre decisi e sostenuti, come al solito la voce di Niilo si erge magnifica in tutta la sua interpretante-profonda-sensorialità.
Le canzoni non tendono ad essere semplici salvo poche eccezioni (Lose To Night ed Ephemeral, come si potrebbe -stoltamente- credere non sono per niente da trascurare, la strofa della prima è incredibile, mentre è impossibile non rimanere succubi del refrain della seconda), certo il punto di arrivo rimane “easy”, ma dietro c’è costruzione, e la si sente chiaramente, si cerca anche di diversificare il tutto visto i diversi approcci di certe canzoni (mi viene in mente il terzetto iniziale formato da While We Sleep, l’oscura Revelation e la ficcante Black Heart Rebellion, a modo loro assai differenti) e questo non potrà che fare bene al disco tutto.
Discorso a parte si merita Collapsing Words, altro specchio perfetto del mio personale rapporto in crescendo con il disco, all’inizio mi sembrava nettamente il punto più basso della produzione, quel punto che tanti vedono un pochino ovunque, poi è giunta la folgorazione con il brano che è arrivato a convincermi in maniera quasi disumana (e la sua coda tocca vette da autentico capolavoro). Su The River Niilo offre una prestazione vocale sentitissima (grandissimo quando rilascia pura energia dopo quel “last light will hide“), mentre il finale regala due totali gemme “Insomnium style” , di stampo soporifero, ovvero quelle in grado di colpire quanto meno telo aspetti. Per tanti potranno essere l’ago della bilancia per un totale gradimento dell’album o meno, fatto sta che The Promethean Song (altre strofa da tramandare) e title track arrivano lente lente e si portano via molto (“Is like leaving in the dark“).
La bandiera del “sorrowful melodic death metal” resta salda nelle mani di questi finlandesi che ancora una volta deliziano cuore e sensi nel loro tipico stile. Non resta altro che andarsi ad ascoltare Shadows of the Dying Sun ripetutamente, l’uteriore segnale di una discografia ad ogni passo sempre più ingombrante. Sappiate attendere il (quel) momento giusto, come ben saprete il più delle volte arriva in maniera del tutto inaspettata.
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Riassunto
Century Media (2014)
Tracklist:
01. The Primeval Dark
02. While We Sleep
03. Revelation
04. Black Heart Rebellion
05. Lose To Night
06. Collapsing Words
07. The River
08. Ephemeral
09. The Promethean Song
10. Shadows Of The Dying Sun