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Copertina dell'album Shell of Inexistence degli Helldrifter

Helldrifter – Shell of Inexistence

Helldrifter – Shell of Inexistence: passione e impatto, ma non tutto convince

Nati nel cuore di Stoccarda nel 2018, gli Helldrifter sono una formazione interessante, “educata” e ben strutturata. Dopo aver attirato l’attenzione con il debutto Lord of Damnation nel 2021, la band è entrata nel roster della Violent Creek Records, etichetta amburghese in rapida ascesa nel panorama nazionale.

Martyrs of a Dying Age apre il disco con una strofa incisiva, che richiama con decisione il classico stile degli At the Gates. L’impatto è immediato, e il brano assolve con efficacia il ruolo di opener, immergendo l’ascoltatore nel groove calibrato dell’album. Fin dalle prime battute, si percepisce la fusione potente tra melodic death e thrash metal, con richiami evidenti a Destruction e Kreator, che fungono da trait d’union con le influenze nordiche. Queste ultime, tuttavia, vengono rielaborate attraverso una produzione enfatica e abrasiva, capace di conferire un taglio che bada molto all’impatto.

Suicide Strike attacca in modo diverso: colpisce con ritmo cadenzato e pesante, fino a spingerci al punto di rottura segnato dall’assolo. Si tratta di un pezzo sicuramente particolare, capace di intrigare ma con qualche riserva per quanto mi riguarda. Anche Ark of Doom non riesce a convincermi del tutto: è uno di quei brani sospesi, che lasciano un senso di incertezza e mi fanno restare abbastanza dubbioso.

Cosmic Justice e Shell of Inexistence: buone intenzioni, resa altalenante

Su Cosmic Justice e title track arriva un’altra influenza trasversale degli Helldrifter, i brani fanno difatti il verso ai Death ma non arrivano ad esprimere quel dinamismo sacro e sicuramente necessario. Shell of Inexistence dopo una buona partenza si “brucia” un pochino. L’entusiasmo cala e i pezzi per quanto ben eseguiti e prodotti non riescono ad accenderti completamente.

L’ascolto prosegue con le dirette e convincenti Beyond the Grave e Deception, ma è qui che emerge uno dei limiti del disco: la voce. Col passare dei brani, tende ad appiattire anche le soluzioni più riuscite, lasciando l’ascoltatore un po’ al palo.

Nel rush finale abbiamo la solida Reckoning in Blood dotata di un refrain convincente che mi rimanda agli Arch Enemy e l’affilata Divine Command che si fa volere bene (le ritmiche qui ci portano invece a pensare agli Iced Earth).

Con questo secondo album gli Helldrifter mettono in campo chiare e talento aldilà di un risultato a tratti magari poco esaltante. Shell of Inexistence nella forma è ineccepibile ed è certamente il risultato di una forte passione. La band lascia i calcoli commerciali ad altri, e questo è decisamente un bene.

58%

Summary

Violent Creek Records (2025)

Tracklist:

01.Martyrs of a Dying Age
02.Suicide Strike
03.Ark of Doom
04.Cosmic Justice
05.Beyond the Grave
06.Deception
07.Reckoning in Blood
08.Divine Command
09.Flash from Bone
10.Shell of Inexistence

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  • Data dell'articolo
    7 Agosto 2025
  • Pubblicato da
    Duke
  • Pubblicato in Death Metal/Melodic Death Metal, Recensioni, Thrash Metal/Violent Frequencies/Post Metal
  • Taggato con Helldrifter, Violent Creek Records
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