Mancavano all’appuntamento da circa quattro anni gli Hate Eternal, nel 2015 era tempo di tornare a “grigliare” con l’album intitolato Infernus.
La doppia carriera di Erik Rutan, sia come musicista che come produttore, influisce senza dubbio sull’attività della band, che questa volta si presenta con un nuovo e giovane batterista: Chason Westmoreland, già noto per il suo lavoro con Burning the Masses e per le esibizioni dal vivo con Fallujah e The Faceless. Non poteva che chiamarsi Infernus il sesto album degli Hate Eternal, un nome che, già nei primi anni di vita della band, sembrava averne anticipato il destino.
La nuova fatica prosegue un percorso di presa coscienza nei propri mezzi ed incrementa il già alto valore del suo predecessore Phoenix Amongst the Ashes. Seppur a livelli impercettibili il precedente disco lavorava a più ampio raggio. Il nuovo Infernus invece risulterà molto più compatto, tanto che potremo intenderlo come un’unica frastornante canzone proposta su dieci atti.
E’ una rocciosa palla infuocata scagliataci contro da luoghi innominabili. Entra in gioco il rituale denominato Hate Eternal ed è violento, veloce e tecnico come era lecito attendersi. Con Infernus disco gli americani fanno cerchio, decidono a priori come agire, non stanno lì ad attendere orde di folle impazzite. Si mettono giù, e colpiscono ciechi e quadrati, incuranti di chi parteciperà a cotanta mattanza del “nessun compromesso”.
Ogni nuovo loro lavoro accresce la sicurezza e consolida in tal modo anche la precisione. Infernus raddoppia in pratica questo concetto, lo fa adoperando stilemi classici e senza arrivare ad opprimere. Il disco acquisisce così una sua linearità precisa, capace di reggere l’urto di una violenza accesa e blasfema, che mai ti farà pesare un certo “controllo”, o l’attenzione che viene riposta dietro le quinte.
Dubbi sui Mana Recording Studios penso non ce ne siano affatto. Ogni strumento esce fuori potente, lucido e virtuoso quanto basta. In pratica è quell’implemento di goduria, chiamatela magari anche “distrazione” necessaria al completo appagamento dei sensi.
Hate Eternal – Infernus: Le canzoni
Locust Swarm incenerisce e sconquassa con l’uso sadico e consueto del bisturi. The Stygian Deep è invece una delle perle più rilucenti di questa nuova fatica, bellissimi gli architravi delle strofe e la “scorrettezza teatrale” del refrain.
La Tempestad è un vortice d’azzeramento, mazzata fra capo e collo che non ammette alcun dispositivo di replica. La title track sotto certi aspetti può venir considerata come la rigogliosa punta di granito dell’opera (non a caso posta nel cuore dell’album). Lentezza scandita tramite poderosi passi, senso d’imponenza a fluttuare e grandi versi declamati da un Rutan in splendida forma (invecchiassero tutti così!).
The Chosen One riapre al visceral-caos (bellissimo l’inizio), mentre con Zealot, Crusader of War si va ad accrescere un senso epico e rituale martoriante. Però non ci si ferma ad aspettare nessuno, e la successiva Order of the Arcane Scripture sta giusto li per dimostrarlo, altro pezzo in puro e distillato DNA Hate Eternal, giocosamente pregno di blast beat scorticanti (l’inizio provoca scompensi cardiaci).
Giusto nel rush finale ci sarà concessa una pace apparente, dapprima ci pensa la composta strumentale Chaos Theory (il titolo basta a spiegare come la parola da me utilizzata vada presa con le pinze, un denso senso di stordimento arriverà per pungere), poi la fantastica imponenza di O’ Majestic Being, Hear My Call (solito regalino finale di Rutan, lo si finisce ad attendere sempre, la sua coda è strepitosa), doppie velocità condensate e sparate fuori per l’ultima dimensione sonica di Infernus.
Questo sesto capitolo s’ingrossa e procura sempre più interesse durante il suo svolgimento. Il suo punto forte è quello di scacciare ogni senso “appagante”, riuscendo pure a tenerti sulla corda senza troppi problemi. Tutte le canzoni senza eccezione irrompono per razziare con cura le nostre interiora, sussite il solito sconquasso controllato e filtrato già alla fonte, e un grande senso di potere viene posto a dominare.
Infernus non sarà il loro disco migliore, ma chissà quante firme avrei raccolto anni fa per avere la certezza di un risultato di questo tipo da parte degli Hate Eternal nel corso dell’annata 2015. Un bel colpo quello della Season of Mist che ha sfruttato l’occasione di produrli, mentre la copertina appagherà sicuramente la nostra sezione oculare.
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76%
Riassunto
Season of Mist (2015)
Tracklist:
01. Locust Swarm
02. The Stygian Deep
03. Pathogenic Apathy
04. La Tempestad
05. Infernus
06. The Chosen One
07. Zealot, Crusader of War
08. Order of the Arcane Scripture
09. Chaos Theory
10. O’ Majestic Being, Hear My Call