Che situazioni beffarde produce il dover crescere mantenendo inalterato il proprio stile.
Che pubblico strano siamo in certi casi quando non ce ne va mai bene una. Applicare un senso a quello che realmente si vuole dagli Hammerfall è pressoché impossibile, loro ci hanno pure provato timidamente a cambiare qualcosa, però si sono subito fermati, hanno prima capito e poi preso tempo per elaborare cosa dovevano fare di loro stessi e della loro musica, e quale strada avrebbero dovuto percorrere.
La risposta è arrivata oggi, fine estate 2014, si chiama (r)Evolution ed è chiara e limpida, la risposta punta al passato e al classico sound (ormai definibile come immortale) degli svedesi, tanto che nulla parrebbe essere cambiato rispetto agli ultimi anni dei novanta, tempi d’oro per gli Hammerfall ed il movimento heavy metal in generale.
Siamo buffi, perché se (r)Evolution fosse uscito come loro secondo o terzo album lo avremmo sicuramente accolto in maniera trionfale ed entusiastica, invece esce oggi, in questi tempi così tiranni e probabilmente finiremo per leggerne di cotte e di crude, perché ormai i palati sono diventati avulsi, esigenti, non si accontentano più delle buone e classiche canzoni, cercano altro, senza nemmeno sapere esattamente cos’è questo altro. Perché è diventato così difficile lasciarsi andare di fronte ad un disco così semplice degli Hammerfall? Il problema sta veramente nella ripetizione dei concetti o invece sta altrove, in posti dove la musica centra poco o niente? Probabilmente sarà impossibile rispondere con esattezza, ma per quanto mi riguarda posso dire di aver speso piacevoli momenti con la loro nuova fatica, certo, non tutto arriva ad emozionare alla massima potenza (e ci risiamo con i quesiti), il profumo del “già sentito” è seminato e sparso dappertutto, ma in fondo volergli male a Dronjak e soci diventa per me missione quasi impossibile.
(r)Evolution non è il capolavoro che magari qualcuno si aspettava, fortunatamente non è nemmeno il flop che altrettanti invocavano ad alta voce. Il disco è un puro esercizio di stile e passione, l’ulteriore e definitiva dimostrazione di volontà e divertimento da parte di questi ragazzi, capaci di arrivare su importanti vertici usando come arma primaria l’espediente della semplicità.
L’album spara le armi migliori in apertura -come da tradizione- ma bisogna anche dire come alcune pietruzze interessanti siano rintracciabili strada facendo (We Won’t Back Down e Origins, la prima estrae un connubio strofa-refrain interessante, la seconda invece vede sgorgare fieramente un ritornello da amarcord). Alcuni pezzi mostrano un po’ la corda ma non arrivano a raschiare quel particolare velo di negatività che può infastidire (mi riferisco nello specifico a Live Life Loud, la ballata di turno Winter Is Coming e Tainted Metal).
La produzione pensa a fare il proprio decente lavoro, mentre la voce di Joacim Cans mi sembra stia perdendo più di qualche colpo (lo sento piatto e molto meno incisivo rispetto al passato). La sezione assoli ha lavorato invece molto bene (su tutti quelli della opener Hector’s Hymn), come d’altra parte quella dei ritornelli, praticamente non ne sbagliano uno (però devo ammettere di come quello della title track rovini in parte il brano, certe volte deve essere dannatamente difficile trovare o scrivere quello giusto, così decidono di buttare un coro con il titolo della canzone e che poi vada come deve andare).
Ma tutto era scritto nella copertina, la statua che si rompe, il guerriero che torna in vita dopo il letargo, il cavallo che una volta “sentito il richiamo” giunge prontamente da chissà dove, tutto descritto perfettamente dalle note di Bushido, nuova assoluta hit perfettamente funzionale alle future esibizioni dal vivo, il classico brano in grado di restare dentro a prescindere, e in questo caso le sensazioni fioccano, arrivando a stuzzicare vecchie nostalgie ormai andate.
D’accordo, hanno fatto meglio di (r)Evolution, anche verso metà carriera, però io dico che è meglio avere un disco di questo tipo in più piuttosto di non avere niente di nuovo per le mani.
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65%
Riassunto
Nuclear Blast (2014)
Tracklist:
01. Hector’s Hymn
02. (r)Evolution
03. Bushido
04. Live Life Loud
05. Ex Inferis
06. We Won’t Back Down
07. Winter Is Coming
08. Origins
09. Tainted Metal
10. Evil Incarnate
11. Wildfire