Gomorrah – The Haruspex

Gomorrah – The Haruspex: brutalità tecnica e piacere insano

È una mezz’ora tecnica e brutale quella imbastita con spavalderia dai canadesi Gomorrah. Il loro The Haruspex non prova nemmeno a guardare in faccia niente e nessuno, riuscendo a tirare giù l’ideale compromesso fra impatto inverecondo e opportuna “levigatura” ai margini. Non c’è che dire, il disco intrattiene durante la fioritura delle sue bastonate, ora grasse e martorianti, un attimo dopo pulite e capaci d’intrufolarsi agilmente in stretti cunicoli. Non saremo qui a gridare al nuovo miracolo, ma il suo piacere (ovviamente “insano”) The Haruspex riesce a darlo: quantomeno non arriva mai ad ammorbarti o a farti guardare l’orologio ogni minuto (quali brutte sensazioni!).

I Gomorrah serrano le fila e cospargono l’aria di profumi epici con l’opener Imperial, due minuti scarsi prima del rilascio completo del loro trademark irruento e impossibile da scalfire. Tocca a Nine Kings of Sulphur iniziare le operazioni di scavo: il pezzo è davvero un “bel aggredire” e risulterà alla fine fra i migliori, se non “il migliore” (cartuccia importante giocata all’inizio, soluzione prevedibile ma efficace). La discesa in Carcosa avviene su pareti decisamente più intense, profonde e sinistre. Un “mordi e fuggi” capace di serrare la mano immediatamente attorno alla gola.

Brutalità animalesca e omaggi oscuri ai grandi del genere

E’ animalesca la seguente Dismantling the Throne, debitrice del classico brutal death americano ma con qualche retrogusto melodico “addolcente”. Sitra Achra è l’altra bomba di tutto The Haruspex, capace di dichiarare tutto il possibile amore della band nei confronti dei divoratori polacchi Behemoth. Anche Crown of Flesh non scherza, e il merito è certamente da spartire fra songwriting e una produzione capace di tenere sempre a mente l’operato umano che si cela dietro gli strumenti. Giunti ormai a una “sana consapevolezza delle cose”, affrontiamo la coda dell’album ancora pieni di voglia, ben sapendo che almeno per questa occasione la delusione volerà alta. Prima una bella pesante Cerulean, poi l’inquieta Venom and Rapture, per finire positivamente con The Mark of Veritas.

Ci troviamo in campo brutal/technical death metal “slammoso”, ma mai oltre una certa soglia. La voglia d’irrompere è tanta, ma fortunatamente i Gomorrah non si lasciano invaghire da soluzioni esagerate o turbinose (risultando di fatto più classici che “innovatori”). La prendono con calma, brutalizzano e intricano con il giusto piglio, allontanando la noia e i sensi di déjà-vu che, per forza di cose, emergeranno puntuali qui e là. Tutto ovviamente non si può volere: indicativamente pensate ai grandi nomi della scena, uniti a un pizzico di ampia modernità.

Affrontano bene la materia, risultano massicci e snelli quanto basta, e aprono il mio 2016 musicale con le giuste dosi di efferato piacere.

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Riassunto

Test Your Metal Records (2016)

Tracklist:

01. Imperial
02. Nine Kings of Sulphur
03. Carcosa
04. Dismantling The Throne
05. Sitra Achra
06. Crowns of Flesh
07. Cerulean
08. Venom and Rapture
09. Architects
10. The Mark of Veritas

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