Fetid Zombie è la mortifera creatura dello statunitense Mark Riddick, il primo vagito uscì nel 2008 e da quel momento il nostro non si è fatto mancare nulla in termine di uscite, sfornando con notevole puntualità full-lenght, ep e split vari. In questo articolo tratteremo il suo quinto album intitolato Grotesque Creation (uscito durante i primi mesi del 2015, fatevi pure qualche calcolo sulla loro produttività), un disco che negli intenti vuole essere un elogio totale alle “risplendenti” produzioni greche d’un tempo. Ma le cose non si sono fermate alle intenzioni, Mark ha difatti contattato diversi elementi “sul campo” per rendere ancor più reale o credibile l’aria respirabile all’interno del disco. Sicuramente ciò ha giovato al sound, gli ha dato mestiere e “spolvero”, il rispetto necessario, però nonostante qualche picchio d’indubbio valore l’uscita non riuscirà a colpire in modo definitivo e ciò ci lascia certamente con un po’ di rammarico in corpo.
Grotesque Creation rappresenta da una parte un sicuro piacere, alcune sue fiammate sembrano davvero provenire da qualche capolavoro passato (alcuni ingressi “tastierosi” sapranno generare fluttuanti quanto istantanee emozioni), ma al contempo sussistono non pochi passaggi a vuoto, passaggi che cercheranno purtroppo di “deturpare” gloria e quella lampante voglia di voler gridare con tutta l’aria nei polmoni ad un nuovo miracolo. Così non sarà e ce ne faremo una ragione, prenderemo Grotesque Creation per quello che è senza metterci sopra “troppo cuore” e lo indirizzeremo unicamente alla categoria “malati di scena greca”, solo loro riusciranno infatti ad estrarre quanto più possibile sino ad arrivare alla quasi totale divinazione.
La produzione e i suoi scelti sono così mistici da restarci secchi all’istante, sembra di essere tornati indietro per davvero e lo realizzerete subito, in scia della trascinante opener Entombed Existence (che dico subito è una delle migliori). Il progetto Fetid Zombie non è minimamente interessato al fattore impatto -questo nonostante il death metal proposto sia comunque bello oscuro- è difatti l’atmosfera quella che si andrà ossessivamente cercando, una massa che acquisirà valore e volume pezzo dopo pezzo. Dopo la canzone d’ingresso le cose migliori ce le fanno sentire sul definiamolo “lato b”, parlo nello specifico di pezzi come The Way of Mortality (essenza scarna con un basso in risalto come su tutto il disco d’altronde), Utterance of Doom, l’epica e decomposta Morbid Premonition e la lunga –otto minuti- The Outstretched Hand of Rotten Death.
La lista degli ospiti è vasta, si passa da Damian Herring (Horrendous) e James Malone (Arsis) a Josh Fleischer (Svierg), Gothmog (Soulskinner/Thou Art Lord), Sakis e Necroabyssious giusto per dirne solo alcuni. Certamente il connubio sound-copertina-listone guest basta da sola per giustificarne l’acquisto, l’ago della bilancia sarà in ogni caso “comandato” dalla vostra voglia di una tipologia di metallo estremo ormai desueto.
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Summary
Metalhit, Morbid Visions Music (2015)
Tracklit:
01. Entombed Existence
02. Into the Unkown
03. Grotesque Creation
04. Razor-Sharp Attack
05. The Way of Mortality
06. Utterance of Doom
07. Death’s Pallor
08. Morbid Premonition
09. The Outstretched Hand of Rotten Death