Con il loro ritorno sulle scene gli Equilibrium decidono di fare le cose con semplicità, tolgono l’eccessivo (cosa buona a parer mio, perché stava diventando tutto troppo, troppo stucchevole) mantenendo però fondamentalmente inalterato il proprio trademark.
I fans saranno più o meno tutti felici, contenti e “danzerecci come pasque”, altri forse un po’ meno, perché potrebbero vedere in Erdentempel troppa concessione al lato commerciale della faccenda (non che prima fosse diverso, ora è solo un pochino più evidente o marcato). Però non mi sento di condannare un prodotto che arriva così bene al dunque. Così, nello stesso modo in cui non mi era affatto piaciuto Rekreatur ora mi trovo a parlare bene di questo capitolo discografico, un capitolo che arriva ancora una volta dopo alcuni cambi di formazione importanti (avvenuti però dopo l’ultimazione delle registrazioni), leggiadro, sereno ma soprattutto pieno di positività.
Difatti quello che cercano di trasmettere gli Equilibrium tramite questa release è solamente gioia, quasi la esigono come tributo tramite continui sussurri, tanto che per ascoltare Erdentempel diventa obbligatorio avere un certo approccio positivo ancor prima di partire con il tasto play. Fondamentale cercare di vedere il lato bello delle cose, mettendo da parte e bella nascosta, l’oscurità a tacere (se vi riesce possibile farlo non avrete alcun problema nel digerirlo).
Gli Equilibrium azzeccano in pieno anche il periodo d’uscita perché Erdentempel potrebbe essere l’ideale colonna sonora di questa o future estati. Amici posizionati in branco, tasso alcolico elevato, feste, festini, falò e quant’altro saranno ancor più facili da vivere e belli da ricordare grazie alla presenza sottocutanea di questo dischetto (e chissà magari vi metterà addosso pure una certa nostalgia).
Presentato da una copertina sgargiante per soggetto e colori (era veramente impossibile fare peggio di quella precedente), Erdentempel ci terrà compagnia per un’ora scarsa. I brani tendono ad avere un minutaggio leggermente più contenuto rispetto ai due predecessori (non in maniera così evidente ma un certo snellimento lo si avverte abbastanza chiaramente), mentre la produzione arriva diretta come un treno ad alta velocità. Pulizia chirurgica, con le tastiere ovviamente onnipresenti tramite i loro motivetti epico/folk, Robse (qui alla sua seconda prova) ruggisce inviperito dietro al microfono, dà veramente l’anima e convince su ogni frangente possibile ed immaginabile.
Was Lange Währt apre e ti accorgi ben presto che non poteva essere altrimenti, è il brano più completo, oserei dire la perfezione per quanto riguarda l’Equilibrium sound, colpisce e manda al tappeto grazie al suo irrefrenabile svolgimento.
Sono colpetti di tastiera vincenti quelli che arrivano su Waldschrein, il pezzo più “estivo” del lotto, diramatore di continui confortanti raggi solari e del pensiero “be happy” racchiuso sullo sfondo. Karawane lava via in maniera lieve l’entusiasmo iniziale, ma niente di negativo perché il pezzo rende assai nel suo saper invadere (da l’impressione di essere una qualche sorta di marcia), e si impone maestoso durante un riuscito refrain.
Uns’rer Flöten Klang è tenuta in piedi dal motivetto folk portante, il resto purtroppo è davvero troppo poco, e non riesce ad incantare come vorrebbe, alla fine sarà l’unica nota stonata per il sottoscritto. Esaltante ed epico l’inizio di Freiflug, mentre con Heavy Chill c’è spazio per la sperimentazione, questa volta fortunatamente riuscita, il pezzo è vario e accattivante, stupisce e trasporta (momento “invincibile” il ritornello seguito dal coro) facendo volare i suoi sei minuti, c’è pure tempo per fare baldoria selvaggia nella breve e a mio parere vincente Wirtshaus Gaudi, scheggia alcolica d’istantaneo buonumore (lodevole l’operato di Robse).
E così via, il disco arriva fiero e deciso verso la sua fine, Stein Meiner Ahnen è pura loro concretezza, Wellengang non stupisce ma non affossa nemmeno, mentre Apokalypse regala un altro discreto tormentone. E dopo dieci canzoni cantate in lingua madre arriva quella in inglese, ovviamente non poteva essere altro che ruffiana da morire, ma arrivi presto a perdonarla The Unknown Episode, ovvero quando giungi a scoprire direttamente sulla tua pelle quanto sia difficile da scacciare via.
Erdentempel preferisce dunque tempistiche controllate rispetto alla velocità “nonsense” , aspettatevi però i soliti Equilibrium (con pregi e difetti del caso, ottime atmosfere da una parte ma anche solita produzione che si porta dietro quel non so che di finto dall’altra, passarci sopra è d’obbligo per farseli piacere), la ricetta è sempre quella, ma forse questa volta è stata meglio pensata prima di essere esibita, cosa che in cuor mio auspicavo.
Buon o cattivo viso nei loro confronti non cambierà di certo adesso, ma se volete stare bene ascoltando qualcosa di poco impegnativo un ascolto dateglielo pure, chissà che non arriviate a trovarlo piacevole.
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Riassunto
Nuclear Blast (2014)
01. Ankunft
02. Was Lange Währt
03. Waldschrein
04. Karawane
05. Uns’rer Flöten Klang
06. Freiflug
07. Heavy Chill
08. Wirtshaus Gaudi
09. Stein Meiner Ahnen
10. Wellengang
11. Apokalypse
12. The Unknown Episode