Enthroned – Pentagrammaton: schegge e ombre di un compitino ben svolto
Usciva nel 2010 l’ottavo full-length dei belgi Enthroned. Lo accolsi tiepidamente, a essere sincero, con ascolti che mi diedero non pochi grattacapi e una strana sensazione d’insicurezza. Dapprima l’ho reputato scialbo e inconcludente, poi – al terzo ascolto – ho iniziato a cambiare parere, rimanendo però in uno stato intermedio, nel quale non riesco a spiegarmi troppo bene pregi e difetti.
Dopo la Blackend venne il turno di Napalm Records, e infine la sempre importante e autorevole Regain Records. Un’etichetta che senza dubbio sa come guardare alla storia e rispettare ciò che produce. Si credeva dunque in loro, nonostante l’evidente calo avuto dalla band negli anni precedenti. Non completamente a torto, bisogna dire. Pentagrammaton il suo “osso” lo porta tutto sommato a casa, e rappresenta in fondo un buon colpo di coda. Lo smalto dei primi lavori era difficile, se non impossibile, da ricreare o riportare in vita, ma almeno si può dire che – al di là del risultato – ci hanno quantomeno provato.
Pentagrammaton è velocità, linearità e un’identità sfumata
Il disco scorre rapido come una scheggia impazzita: non si fa in tempo a recepire una canzone che già si viene invischiati, assaltati da quella successiva. I brani, tranne qualche eccezione, non riescono a rimanere incastrati in testa molto bene. Sta a ogni singolo ascoltatore valutare se questo sia un pregio o un difetto. Ciò che si cerca individualmente va sempre oltre ogni pallido tentativo di spiegazione. L’agglomerato è abbastanza lineare, il sound è pulito ma non rappresenta un motivo d’indignazione. Anzi, pensandoci bene, sarà proprio l’ultimo dei problemi (o almeno dei miei). Non sempre sembra di trovarsi di fronte agli Enthroned – questa è una sicura aggravante – e se i momenti di “fuoco” sono un chiaro marchio di fabbrica, c’è da dire che le vocals di Nornagest rendono il gruppo un po’ meno personale.
Tre canzoni in particolare mi avevano convinto. La prima è senza dubbio The Vitalized Shell, opener vincente grazie all’esecuzione di un bel attacco frontale, ma anche ben preparata nella sua “difesa melodica”. A seguire ci metto Magnvs Princeps Leopardi, capace di ricalcare le stesse caratteristiche ma con più trademark Enthroned in circolazione (sia nelle melodie che in certi momenti occulti). Insomma, spettri dei primi album emergono a folate, e ciò non può che farmi piacere.
La terza traccia che vi sottolineo è anche la più lunga del lotto: Unconscious Minds, che in otto minuti dirama filamenti epici ed heavy. Potremmo arrivare a definirla come una sorta di “Immortal song” in versione Enthroned, giusto per farla breve e comprensibile. Il pezzo riesce alla grande, diventando presto un’assoluta forza del disco. D’altronde, basterebbero il riff e il momento che ne consegue quando il timer segna 2 minuti e 50 secondi per meritarsi dei sonori applausi.
Un nuovo passo avanti, senza illusioni né cadute
Tra le rimanenti, non sono male Rion Riorrim e la title track. Nonostante l’inferiorità rispetto a quelle citate sia ben marcata, riescono comunque a contribuire, e a remare a favore di una sufficienza più che meritata, ancor di più se vista a “bocce ferme”.
Pentagrammaton va senza dubbio affrontato con il giusto mood. E’ anche un disco sul quale non bisogna andare a riporre particolari aspettative. Quantomeno rappresentava un piccolo (ma grande) passo avanti rispetto al diretto predecessore. Ai suoi tempi non mi aspettavo nulla, e ne ero uscito soddisfatto. Gli Enthroned avevano qui svolto un compitino diligente, senza fare pericolosi o esagerati strafalcioni.
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60%
Summary
Regain Records (2010)
Tracklist:
01. In Missi Solemnibvs
02. The Vitalized Shell
03. Rion Riorrim
04. Ornament of Grace
05. Magnvs Princeps Leopardi
06. Pentagrammaton
07. Nehas’t
08. The Essential Chaos
09. Ad Te Clamamvs Exsvles Morvua Liberi
10. Unconscious Minds
11. Behemiron