Enshine – Origin

Le basi per aspettarsi un colpaccio c’erano tutte. Origin, l’esordio degli Enshine , considerando i nomi coinvolti, prometteva di catalizzare attenzioni ben superiori a quelle normalmente riservate a un gruppo agli esordi. E in effetti, è probabile che molti finiranno per adorare questo primo, semplice album di death/doom metal melodico, dominato da un riffing intensamente malinconico e coinvolgente, figlio diretto dei Katatonia, senza porsi troppe domande.

Un po’ di velocità in più e diversi brani strumentali impreziosiscono Origin. L’album ci viene consegnato dalla piccola ma promettente Rain Without End Records. L’etichetta, se tutto andrà come deve, forse non riuscirà a contenere la crescita del progetto oltre questo debutto. Ma si vedrà.

Il progetto nasce in Svezia grazie a Jari Lindholm (vi ricordate dei Slumber e del loro Fallout ? Se sì, immagino siate già sulle tracce di questo nuovo lavoro con ansia famelica), che decide di affidare le parti vocali a Sébastien Pierre, frontman degli emergenti Fractal Gates. Una scelta che ritengo azzeccatissima, e che spero possa dare frutti ancor più maturi in futuro.

Quella speranza, però, oggi non riesce a sbocciare del tutto. Mi ritrovo infatti tra i primi “delusi” – forse anche ingiustamente, dato che stiamo comunque parlando di un debutto – ma è una delusione solo parziale. La musica regge, eccome, e sa trasmettere emozioni autentiche, mantenendo le alte aspettative che l’uscita faceva presagire.

Forse sono i brani strumentali – belli, sì, e facilmente assimilabili – a sembrarmi fuori luogo, troppo slegati dalla parte elettrica, quasi degli accessori non richiesti. O forse sono certe canzoni che convincono solo a metà, come Stream of Light (con quell’entusiasmo subito smorzato, che peccato) e Nightwave. O, ancora, è l’impressione di un’ispirazione che non riesce a chiudere il cerchio, rimanendo sempre un passo indietro, in attesa di una forma più definita.

La sensazione che prevale al termine dell’ascolto di Origin è quella dell’incompiutezza. Come se gli Enshine non avessero le idee del tutto chiare su cosa includere nel disco. È così che mi sono sentito sin dal primo ascolto, e anche nei successivi: un giudizio sicuro sembra non arrivare mai. Eppure, stavolta, avverto con chiarezza questa incertezza, senza quella voglia di “difendere” il lavoro da un punto di vista più razionale o esterno. Prendiamo ad esempio Constellation, il brano strumentale conclusivo. Non è affatto brutto, ma è una fine che arriva forse troppo presto e resta in qualche modo sprecato, privo di una linea vocale che avrebbe potuto completarlo. È quasi un simbolo di ciò che poteva essere e non è stato.

Le melodie, va detto, sono comunque affascinanti e ben studiate. Si sente la mano esperta di chi conosce bene il genere. Però finiscono troppo spesso sprecate o mal amalgamate.

Molto bene, invece, Refraction (impossibile resistere a quelle linee melodiche), Cinders (che richiama dei Novembre in versione più eterea), e Above Us.

Quindi, se amate i Katatonia dei tempi d’oro, un growl corposo ed esaltante, tastiere che arieggiano l’atmosfera e un pizzico di gusto spaziale che si riflette anche in liriche e copertina, allora siete nel posto giusto. Gli Enshine faranno parlare di sé con Origin, almeno per un po’. Voi cercate di farvi un’idea il più possibile personale: io ho cercato di raccontarvi la mia, magari un po’ incerta e difficile da digerire, ma assolutamente sincera. Al di là delle cose belle che, in ogni caso, questi quaranta minuti riusciranno a regalarvi.

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Riassunto

Rain Without End Records (2013)

Tracklist:

01. Stream Of Light
02. Refraction
03. Cinders
04. Astrarium
05. Ambivalence
06. Nightwave
07. Immersed
08. Above Us
09. Constellation

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