Otto anni e tanta paura. Otto anni per vivere qualcosa di “incredibile” e inaspettato, il ritorno alla completa ispirazione da parte dei Dimmu Borgir, componente che da troppo tempo latitava in casa della barcollante creatura di Shagrath e Silenoz.
Ma i nostri questa volta sono stati attenti, hanno lasciato trascorrere il tempo necessario, troppo tempo è vero se andiamo a fare la conta dei mesi lasciati alle spalle dopo il claudicante Abrahadabra, ma quantomeno abbiamo un Eonian da raccogliere adesso, e se andiamo a togliere i grandi classici della band direi che non c’è proprio motivo per lamentarsi. Si sa, con i Dimmu Borgir non esistono le mezze misure, le persone con loro decidono la strada da intraprendere a priori e difficilmente arrivano a cambiarla (diciamo che c’è molta “cecità”, sia da una parte che dall’altra), ma Eonian rappresenta infine la perfetta “mezza misura”, quel raggio di estrema positività di cui i nostri avevano disperato/tremendo bisogno. E’ servito tempo e tutto ciò è certamente preoccupante, ma diamine, non so più da quanto i Dimmu Borgir non finivano a catalizzare le mie giornate in tal pittoresca maniera.
Già un primo ascolto mi ha fatto balzare all’orecchio dinamicità ed ispirazione della coppia Silenoz/Galder. I nostri a questo giro riescono ad estrarre cosucce davvero efficaci e in linea con l’operato stilistico della band. C’è parecchio black metal all’interno di Eonian ma in pochi ve lo diranno perché distratti dall’altrettanto “peso” rappresentato dal lato operistico/sinfonico. Questo si esalta una volta per tutte, ottenendo quella fioritura precedente cercata e mai completamente trovata. Eonian sancisce la perfetta unione fra quello che erano i Dimmu Borgir e quello che sono voluti diventare. Osannati o bistrattati oltremisura ma densi di una personalità che emerge ancora oggi, a discapito di idee già sfruttate e ormai super conosciute. Eonian è il frutto maturo di una band che è riuscita a trovare la formula adatta in ritardo e in “età adulta”.
Lo ascolto di continuo e non mi stufa affatto, ogni ascolto rafforza quello precedente facendomi arrivare ad una semplice quanto impopolare conclusione. Devo tornare al 2001 e a Puritanical Euphoric Misanthropia per trovare un disco superiore a Eonian nella loro discografia. Tutto ciò –devo dire- è abbastanza confortante (anche se chissà quando potremo realmente parlare di una “ripresa salutare”) al momento attuale.
In tanti si sono dimostrati indignati al solo sentire Interdimensional Summit. Anche io ne fui spiazzato, ma adesso, una volta ascoltata nel contesto (ma soprattutto incollata alla bella introduzione The Unveiling) riesce a dare un contributo efficace al disco (e poi davvero vogliamo discutere quelle parte melodica così in linea con i fasti di Enthrone Darkness Triumphant?). E’ senza dubbio il brano più ruffiano però c’è dentro tutta l’anima che i Dimmu Borgir hanno voluto imprimere alla loro nuova/possente creazione.
Il disco crea e usa le armi Dimmu Borgir in continuità. Pressano gli inserti sinfonici ma vengono lasciati diversi e puntuali spazi per l’anima più ficcante. Ætheric, Council of Wolves and Snakes (gioiello di creatività! Quelle chitarre che escono a forza, ritmiche etnico/tribali, un’ambiguità che si taglia a fette, avevamo mai potuto pensare ad un pezzo del genere da parte loro?) e The Empyrean Phoenix rafforzano un Eonian che incredibilmente non andrà a spegnersi durante la sua seconda parte.
Scorre l’olio sulle nuove canzoni della formazione norvegese, scorre semplice ma a favore della scintilla della creazione (scontata ma anche no al medesimo tempo). Lightbringer smuove, innalza ed ammalia su tastiere mutevoli e sugli “strattoni” dati dalle chitarre (gli ultimi minuti del pezzo sono riuscitissimi). I Am Sovereign è una delle migliori di tutto Eonian, assoluta primizia di tutto l’operato Dimmu Borgir degli ultimi vent’anni. Archaic Correspondence diventerà un oscuro tormentone, passaggio obligato verso un finale capace di rendere ancor più serie le cose. Dapprima con Alpha Aeon Omega (introduzione cinematografica e poi via su aspre note di sinfonica devastazione), poi attraverso la strumentale e rilassante Rite of Passage (ci da modo di pensare a quello che abbiamo appena ascoltato con ancora la musica nelle orecchie), giusto per sancire una gloriosa quanto incredula conclusione.
Le linee vocali di Shagrath rimangono scolpite con quel particolare veleno (come facevano una volta, anche lui in forma nel calibrare entrate e alternanza con i cori). Tutto ciò appone il marchio definitivo alla riuscita e alla piena coscienza di essere nuovamente di fronte ai veri/ispirati Dimmu Borgir. Mai più avrei creduto di arrivare a dar loro lo spazio da Top Album, piacevoli imprevisti della vita.
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Summary
Nuclear Blast Records (2018)
Tracklist:
01. The Unveiling
02. Interdimensional Summit
03. Ætheric
04. Council of Wolves and Snakes
05. The Empyrean Phoenix
06. Lightbringer
07. I Am Sovereign
08. Archaic Correspondence
09. Alpha Aeon Omega
10. Rite of Passage