Dead Silent Slumber – Entombed in the Midnight Hour

Per chi scrive Jens Rydén è una istituzione. La sua voce ha marchiato indelebilmente i primi tre dischi dei Naglfar e il suo stile, il suo scream mi sono rimasti incollati addosso come pochi, sin dall’alba di quei gloriosi tempi. Ma se non siete fanatici quanto il sottoscritto del suddetto, forse vi siete persi il suo progetto solista uscito nel 1999 e chiamato Dead Silent Slumber (più tardi, nel 2006 uscì anche un disco a nome Profundi).

Il periodo storico è da inquadrarsi nel post-Diabolical (ma di sicuro i brani erano in gestazione da un bel po’) e in quel periodo l’ispirazione generale era fertile, figuriamoci quella di Jens che ne veniva da dischi e prestazioni assolutamente maiuscole. Ma come va inquadrato questo Entombed in the Midnight Hour?

Intanto dal non poco di coraggio di chiamarlo con il nome dell’unica canzone non propriamente metal del lotto (evadere dal proprio orticello era certamente considerabile come un azzardo, molto più di oggi). La tracklist è composta da sette pezzi solenni che puntano perlopiù ad “arieggiare” il black metal svedese di quei tempi. Ma questa corrente rimarrà giusto ai margini, ed emerge poiché Jens era un cantante estremo, e di quello poco o nulla andava cambiato (ci saranno aggiustamenti ma diciamo che chi amava i Naglfar troverà qui dentro le giuste chicche).

Jens Rydén per Dead Silent Slumber fece tutto da solo o quasi. L’aiuto di qualche artista –poco conosciuto- è presente, ma giusto per conferire un accento differente a determinate canzoni.

Entombed in the Midnight Hour si presentava con In the Glare of the Moon, canzone capace di coniugare i Naglfar a riflessi dark-rock (il suo ritornello è moolto funzionale). Possiamo parlare di melodic/horror black metal con accenti goth/sinfonici, il tutto filtrato con una certa teatralità. Diciamo che i brani di questo disco finiscono per apparire molto personali, per certi versi unici. Certi termini non devono però trarvi inganno, era tutto direzionato su altri binari in quegli anni; si pensava di più a scrivere con introspezione e a guardare di meno il mercato.

La prestazione diviene dannata in occasione di Reborn by the Seed of Death, canzone che saprà marchiare a fuoco tra strofe maligne e un refrain assuefacente. Risultato bissato dalla ficcante Smell the Incense, traccia che precede una title track oscura, acustico/atmosferica (quasi in mood King Diamond, e provate a togliervi dalla testa quel ritornello sussurrato a fine ascolto) e da brividi, giostrata in combutta con la voce di Ann Akerman (e quando le nordiche cantano in inglese esce loro un accento magico, fantastico, avvolgente).

Blood Collapse prosegue la strada con un riffing scorbutico, super ispirato, e con strofe/refrain strozzate che mettono a dura prova i limiti delle corde vocali. Poi di nuovo spazio al gusto horror con Raising the Suicide Chalice, cavalcata oscura e penetrante dal chorus schizzato e famelico. Lick the Wound conclude melodica e grondante sentimento (tra le cose il disco dovrebbe essere dedicato al padre di Jens o comunque a un suo stretto famigliare), eccezionale trasporto per una prestazione che non tarderà nell’incollarsi addosso.

Il mio consiglio (sarebbe anche diktat) è quello di recuperare e ascoltare questo gioiello stampato nel 1999 da Hammerheart Record. Si parla di roba ormai nascosta, ma se siete portati a fare un poco di archeologia metal ascrivibile alla sezione Svezia un pensierino fatecelo.

Summary

Hammerheart Records (1999)

Tracklist:

01. In the Glare of the Moon
02. Reborn by the Seed of Death
03. Smell the Incense
04. Entombed in the Midnight Hour
05. Blood Collapse
06. Raising the Suicide Chalice
07. Lick the Wound